Quando pensi al Missouri pensi a Kansas City, a questo midwest americano imperniato di retaggi sudisti, folk music e tradizioni antiquate legate alla cosiddetta Dixieland. In questo contesto Martin McDonagh, autore di dark comedy sopraffine (se avete dubbi recuperate subito il suo splendido film d’esordio, “In Bruges”), realizza probabilmente il film più ambizioso e importante della sua carriera, raggiungendo alla terza prova la consacrazione definitiva come regista e soprattutto sceneggiatore di successo. Il MacGuffin del film è l’uccisione subita dalla figlia della protagonista Frances McDormand: un semplice pretesto per dare il via a tutte le vicende del racconto, che si svolgono intorno a tre enormi cartelloni pubblicitari.
Nella piccola comunità di Ebbing, in Missouri, la madre di famiglia Mildred Hayes, sette mesi dopo aver subito la perdita della figlia per mano di un assassino ancora impunito, decide di affittare tre cartelli pubblicitari per scrivere un messaggio provocatorio nei confronti della polizia locale, accusata di non aver ancora trovato un colpevole. La donna ha un caratteraccio, e ogni tentativo di farla ragionare appare vano. Il polverone alzato dalla presenza dei cartelloni smuove in qualche modo le coscienze del paese, un piccolo luogo in cui non c’è un vero e proprio antagonista, ma soltanto un gruppo di persone incasinate, senz’altro buffe e decisamente piene di problemi.
Si ride, e anche molto, grazie a dialoghi fulminanti, battute e situazioni al limite del ridicolo e un’atmosfera di brusca cagnara, ma il film di McDonagh è anche molto altro: tra una risata e l’altra, quasi sempre a denti stretti, c’è spazio per l’emozione, per un approfondimento sulla meravigliosa varietà dell’essere umano e sull’immenso potere delle parole, dei lasciti, della redenzione. L’atmosfera del film deve forse qualcosa a Lansdale, la musica ringrazia il mood di Townes Van Zandt (ascoltatevi la sua “Buckskin Stallion Blues” per teletrasportarvi immediatamente a Ebbing), i personaggi esaltano il talento enorme di Frances McDormand, Woody Harrelson e Sam Rockwell, mattatori assoluti della pellicola (a tal punto da mettere in ombra Peter Dinklage). Siamo ancora a dicembre, ma possiamo dire di aver già visto uno dei film più belli del 2018. Imperdibile.