Festa del Cinema di Roma 2022 – Parte VII

Tutte le cose belle hanno una fine e lo stesso vale anche le cose brutte. Figuratevi per le cose mediocri. Ci sarà tempo per fare un bilancio, per capire che Festa è stata questa prima edizione targata Farinelli-Maranga. Ci sarà tempo per tutto, ma prima di arrivarci bisogna fare un passo indietro e raccontarvi i film di ieri. Quindi chiudete gli occhi, sbatteteli per bene e poi riapriteli: adesso è venerdì, sono le 8.30 e tra poco comincia “Amsterdam” di David O. Russell.

Venerdì 21 Ottobre. Arrivo in Sala Sinopoli un minuto prima dell’inizio della proiezione e già la giornata è partita male: a causa del traffico sono arrivato preciso preciso e se c’è una cosa che mi piace è arrivare sempre un po’ prima per fare due chiacchiere e immergermi un po’ nell’atmosfera da Festival, se no è una mera proiezione. Perché il bello dei Festival di Cinema non sono solo i film, ma tutte le cose che ci sono intorno: i matti, i personaggi, i soggetti, i tipi particolari, oltre agli amici e ai conoscenti. E di personaggi particolari se ne vedono tanti, davvero parecchi. Insomma, mi siedo in Sinopoli in tempo prima dello spegnimento delle luci e sono un po’ infastidito, anche perché il traffico lo detesto (ma immagino non esista nessuno che lo ami). Vista la lunghezza del film, la proiezione è stata anticipata di mezzora: dico io, invece di far scapicollare le persone alle 8.30, non era più sensato posticipare di 30 minuti quelle delle 11? Ma la programmazione di questa Festa è sicuramente il punto debole di questa edizione, quindi non mi sorprendo più di tanto e, mentre i miei pensieri su orari e proiezioni mi assalgono, comincia Amsterdam di David O. Russell ed è una delusione totale. Siamo a New York negli anni 30 e tre amici devono sventare un complotto ai danni della democrazia e del presidente Roosevelt. I tre amici in questione sono il solito bravissimo Christian Bale, John David Washington e la meravigliosa Margot Robbie. Il film è ben fatto da un punto di vista scenografico, tecnico e compagnia bella, ma la storia è superficiale, tediosa, non coinvolge mai e i presunti colpi di scena li ho accolti con un “ah”. Ma anche un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno ed è così che ho scoperto due cose che non sapevo di voler assolutamente vedere: Margot Robbie che parla francese e Margot Robbie che fuma la pipa. Sui titoli di coda scappo dalla sala infastidito, pure perché per vedere questo film mi sono perso la Palma d’Oro a Cannes “Triangle of Sadness”, che da quel che ho sentito è invece un film bellissimo.

Poco dopo sono al MAXXI per la proiezione di Klondike, film ucraino scritto e diretto da Maryna Er Gorbach. Il film è davvero molto bello ma al tempo stesso forte, intenso, è quasi come un incidente in autostrada, che vorresti ignorare ma non puoi far a meno di guardare. Arrivato a Roma dopo un premio ricevuto al Sundance e uno a Berlino, è la storia di una donna incinta che vive con il marito sul confine russo-ucraino. Una bomba colpisce la loro casa, aprendo un enorme squarcio tra il soggiorno dell’abitazione e i vasti campi circostanti. Negli stessi giorni un aereo viene abbattuto nei dintorni (fatto realmente accaduto nel 2014, quando un aereo di linea, con 298 persone a bordo, venne abbattuto al confine, causando la morte di tutti i passeggeri) e la zona evacuata, tuttavia la donna insiste nel non voler abbandonare la sua casa, spesso entrando anche in conflitto con il marito, fin troppo accomodante nei confronti degli invasori russi. Il film mostra la guerra dal punto di vista di una donna incinta e lo fa con realismo, crudezza ma servendosi anche di tutta la potenza del mezzo cinematografico (il muro aperto sull’esterno sembra un enorme schermo dove accadono gran parte delle vicende del film, soprattutto quelle banali, ordinarie, appartenenti ad una quotidianità che di normale però ha ben poco). Il finale è, prevedibilmente, molto forte e ti fa lasciare la sala con un senso di vuoto, riempito qualche minuto dopo con un pezzo di pizza bianca appena uscita dal mio nuovo forno preferito. Senza dubbio uno dei film più interessanti visti in questa edizione della Festa del Cinema. Mangiata la pizza, torno a casa: per oggi le proiezioni, per quanto mi riguarda, sono finite.

Sabato 22 Ottobre. La sveglia suona, inesorabilmente, alle 7 di un sabato mattina, ma è l’ultima volta per quest’anno (o comunque l’ultima volta per questa Festa del Cinema). Apro gli occhi e quando vedo Mick Jagger appoggiato alla finestra che fischietta “The Last Time” (successo dei Rolling Stones del 1965), capisco che è davvero il mio ultimo giorno di Festival. Esasperato dal traffico di ieri (pure se oggi è sabato e per strada, soprattutto a quest’ora, non c’è nessuno), decido di prendere la bicicletta e di lanciarmi in un ultimo viaggio appassionato verso l’Auditorium, godendomi il centro storico di Roma in un orario in cui è davvero deserto. Esco di buon’ora e di buonumore e arrivo alla Festa alle 8.30, in tempo per prendere un (altro) caffè e per fare le mie necessarie quattro chiacchiere mattutine. Stamattina alle 9 ci sono ben quattro film e vorrei vederli tutti e quattro. “Boy from heaven” ha vinto come migliore sceneggiatura a Cannes, “Bros” a quanto dicono sembra irresistibile, “Rabiye Kurnaz vs. George W. Bush” ha vinto la migliore sceneggiatura a Berlino, tuttavia la scelta cade su Era Ora di Alessandro Aronadio, perché ho voglia di un film italiano e perché è un regista che apprezzo molto. Ovviamente, neanche a dirlo, c’erano quattro proiezioni in contemporanea alle 9 e nessuna alle 11, giusto per farmi rosicare un po’. Ma della tragica programmazione ne abbiamo già parlato, quindi torniamo a noi. Edoardo Leo nel film è un uomo impegnatissimo, molto preso dal lavoro, e concede poco tempo alle persone a cui tiene. Il giorno del suo compleanno, dopo una festa a sorpresa, si addormenta e si risveglia nel giorno del suo compleanno dell’anno seguente. Quindi passa un anno ancora, un altro e ancora un altro, e il nostro non sa assolutamente nulla di ciò che è accaduto negli altri giorni, percepisce soltanto quello che è cambiato e che, a causa del suo stile di vita, sta perdendo. La controparte femminile è la bravissima Barbara Ronchi, che per verve e colori mi ha fatto pensare molto a una versione italiana di Zooey Deschanel (ed è un gran complimento, giuro). Il film di Aronadio funziona molto quando vuole far ridere, un po’ meno quando si prende sul serio, tuttavia mi ha fatto passare un paio d’ore senza sentire minimamente il bisogno di dormire e questa è già una grande conquista.

Finito il film avrei sperato moltissimo di avere qualcos’altro da vedere, purtroppo però, come già accennato, chissà quale genio ha deciso di mettere tutte le proiezioni stampa alla stessa ora e così alle 11 mi ritrovo davanti al bar dell’Auditorium per salutare qualche amico e fare qualche foto di rito. Incrocio per strada Giampaolo Morelli, lo saluto e gli chiedo se sta preparando qualcosa con i Manetti Bros, visto che le loro collaborazioni hanno portato sempre a film divertentissimi. Mi dice di no, “per il momento” e torna per la sua strada. Così come in apertura di Festival avevo incontrato Paolo, lo ricorderete forse nella prima parte di questo diario, è assolutamente naturale incrociarlo anche adesso che stiamo ai titoli di coda di questa edizione. Ci scambiamo opinioni sui film e lui appare soddisfatto, anche se abbiamo praticamente visto solo cose diverse. Io ho difficoltà a stilare una Top3 di questa Festa del Cinema, anche perché ho visto solo 15 film e ci sono tante cose che devo ancora recuperare (per fortuna esistono gli uffici stampa con i link di cortesia). Al momento posso sicuramente dire che i film che mi sono piaciuti di più sono “Coupez!”, “The Fabelmans” e “Ramona”, con “Klondike”, “Rhinegold” e “Lynch/Oz” subito dopo. Ma sono anche consapevole che tantissime cose non le ho viste e probabilmente mi sono perso dei gioielli che avrebbero reso questa esperienza ancora più ricca.

Insomma, è stata un’edizione un po’ contraddittoria: le sale mi sono sembrate sempre abbastanza piene (e questa è una cosa eccellente), gli ospiti internazionali troppo poco attraenti rispetto ai tempi della gestione Monda e del suo clamoroso elenco di contatti, tuttavia gli incontri con Russel Crowe (grazie ad Alice Nella Città) e con James Gray sono stati molto belli (soprattutto il secondo). Mi è mancata molto la partecipazione della folla ai red carpet, mercoledì sera ad esempio era tutto abbastanza vuoto e la vista delle aree pubbliche della Festa era desolante. Da un punto di vista organizzativo la prenotazione online ha funzionato meglio dello scorso anno (ma forse solo perché quest’anno non c’erano nomi come Quentin Tarantino, Jessica Chastain o Tim Burton), la programmazione è invece stata disastrosa (lo so, l’ho già detto, ma non posso fare a meno di ribadirlo): inoltre la scelta del Giulio Cesare come sede delle repliche, un cinema difficilissimo da raggiungere sia in auto (per motivi di parcheggio) sia con i mezzi. è stata infelice. Quanto mi mancano i tempi delle proiezioni alle 16 nelle tensostrutture costruite fuori dall’Auditorium, grazie alle quali riuscito a finire la Festa con circa 25 film visti in totale (praticamente uno in più al giorno). La giuria presieduta da Marjane Satrapi ha scelto “January” di Viesturs Kairišs come Miglior Film, mentre “Jeong-Sun” ha vinto il Gran Premio della Giuria (non ho visto né l’uno, né l’altro, per dire…), mentre sono molto contento per il premio alla Migliore Sceneggiatura per “Ramona” (che ho visto e apprezzato). Ma i premi sono un contorno di cui non sentivamo la mancanza: la Festa per me è finita con la proiezione di stamattina. “Me ne sto andando. Ultimo giro di bevute, il bar sta chiudendo. Il Sole se ne va. Dove andiamo per colazione? Non troppo lontano. Che nottata… Sono stanco, stanco…”.

Dopo diciassette anni di festival, l’Auditorium è un po’ diventato casa. Ci sono entrato per la prima volta a 25 anni e ne esco oggi che ne ho 41. Un altro badge finirà nel cassetto a prendere polvere, insieme a quelli delle altre edizioni. Sempre gialli, o arancioni, sempre io, che intanto cresco, cambio gusti, modo di pensare, di fare tante cose, ma c’è qualcosa che non credo cambierà mai: la voglia di sedermi al buio di una sala cinematografica per varcare in due ore i confini del sogno.
Dalla Festa del Cinema 2022 è tutto, ci vediamo l’anno prossimo, spero.

(foto AT)
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