Capitolo 350: Meraviglie d’Aprile


Arriviamo alle porte di maggio con un’altra bella infornata di meraviglie, tra cui spiccano le due novità Moretti e Sorogoyen: quale modo migliore per festeggiare il capitolo numero 350 di questa rubrica? In realtà sono sopraffatto dalla lista di film da vedere e rivedere, oltre alle nuove uscite e a qualche serie da seguire. La primavera romana inoltre non aiuta affatto il bisogno di chiudersi in sala o davanti alla tv per vedere cose. D’altronde una vita non è sufficiente quando ami così tanto che ti raccontino storie. Ad ogni modo, se ne va così aprile, con le sue meraviglie. Andiamo a scoprirle:

Zodiac (2007): David Fincher non ha bisogno di presentazioni, lo ritengo uno dei più grandi registi della sua generazione e questo film del 2007, presentato a Cannes (dove fu ingiustamente snobbato), è senza dubbio uno dei thriller più coinvolgenti di questo secolo. La vicenda ruota intorno al celeberrimo Killer dello Zodiaco, l’uomo che seminò il terrore a San Francisco tra gli anni 60 e 70 (e ancora oggi rimasto senza nome). Fincher incentra la storia sui personaggi, i giornalisti Avery e Graysmith (Robert Downey Jr. e Jake Gyllenhaal), ma anche il detective incaricato del caso, Toschi (Mark Ruffalo). Quando lo vidi al cinema ricordo che uscii dalla sala terrorizzato e al tempo stesso innamorato di questo film: ancora oggi, a distanza di 16 anni, ha mantenuto viva tutta la tensione e la sua carica emotiva. Straordinario (lo trovate su Netflix).

The All-Around Reduced Personality: Outtakes (1978): A metà strada tra fiction e documentario, Helke Sander racconta la vita di una fotografa freelance e madre single nella Repubblica Federale Tedesca di fine Anni 70. Il bianco e nero della fotografia taglia fuori dalle immagini ogni distrazione cromatica, concentrando il film unicamente sulla potenza della sua storia: il quasi onnipresente muro di Berlino la fa da padrone, dominando la scena con il suo essere mutevole nelle fattezze (di mattoni o di filo spinato) ma non nel suo ruolo ambiguo e divisivo. A Edda, la protagonista (interpretata dalla stessa regista), sempre districata tra progetti personali, lavori e figlia, viene finalmente commissionato un reportage che esalti la grandezza della vita nella Berlino Ovest. Il suo reportage tuttavia, realizzato insieme ad un collettivo di fotografe, man mano che va avanti sottolinea sempre di più la repressione sociale operata dal muro ed è lì che Edda deve capire se compiacere i committenti, vendendo la sua etica ma salvando così la sua carriera, o insistere nel raccontare ciò che la sua macchina fotografica vede veramente. Un po’ arzigogolato e a tratti difficile nelle sue varie sfaccettature, è senza dubbio un film degno di interesse. Lo trovate su Mubi.

Il Sol dell’Avvenire (2023): Ma dove siamo, in un film di Nanni Moretti? Per fortuna, in questo caso, sì. Il regista romano torna al cinema che gli è più congeniale, raccontando la storia di un regista alle prese con un film su una sezione del Partito Comunista Italiano nel 1956, nei giorni in cui l’Unione Sovietica invadeva Budapest. Moretti mette dentro tutto se stesso, l’amore per il cinema (la lezione su Kieslowski è straordinaria), la nostalgia per un certo attivismo politico, le sue tipiche idiosincrasie (in questo caso per i sabot), la musica italiana da cantare a squarciagola: Nanni è veramente al suo meglio. Correte al cinema.

As Bestas (2022): Quando è stato proiettato alla Festa del Cinema di Roma, perso tra il labirintico programma e la scelta su quali proiezioni seguire, ho maldestramente lasciato fuori dalla mia lista questo film di Sorogoyen. Il passaparola, oltre ai commenti più che entusiastici di amici e colleghi, mi ha trascinato in sala: senza alcun dubbio, stiamo parlando di uno dei film più belli usciti quest’anno. Una coppia di francesi si stabilisce nella campagna galiziana dove, per una serie di motivi, incontra l’ostilità dei due fratelli vicini di casa. Tra tentativi di conciliazione e bisogno di affermare i propri diritti, la situazione ben presto degenera. 9 premi Goya: troppo poco per un film che, se non è un capolavoro, ci va davvero molto vicino.

The Road (2009): Avevo visto il film dell’australiano John Hillcoat ai tempi dell’uscita in sala e già allora mi aveva lasciato sensazioni piuttosto tiepide. Nelle scorse settimane ho finalmente letto il romanzo di Cormac McCarthy, da cui il film è tratto, e sono uscito da quelle righe totalmente entusiasta per la cruda bellezza del racconto, delle parole. Visto che il film è nel catalogo di Mubi, ho pensato che fosse il caso di dargli una seconda chance ma, nonostante sia davvero molto fedele all’opera di riferimento, anche stavolta non è riuscito a catturarmi particolarmente. Di che parla? In un mondo post-apocalittico, padre (Viggo Mortensen) e figlio vagabondano verso la costa, alla continua ricerca di cibo e, soprattutto, di sopravvivenza. Il film in realtà non è così male, è costruito su solide basi, ma ho trovato alcune sequenze eccessivamente prolisse (ad esempio i flashback con Charlize Theron, che nel libro non sono presenti), spezzano malamente il ritmo della vicenda. Un romanzo del genere meritava di finire in mani migliori. Occasione sprecata.

Le Meraviglie (2014): So che non è una cosa di cui andare fieri, ma è il primo film di Alice Rohrwacher che abbia mai visto. Una famiglia italo-tedesca di apicoltori vive nella campagna umbra dove porta avanti la sua attività con difficoltà di vario genere, sia economiche che prettamente sociali. Il rude padre di famiglia si fa aiutare da moglie (Alba Rohrwacher), cognata, ma soprattutto dalle figliolette, in particolare da Gelsomina, un’adolescente che sta cominciando a guardare al di là di quel ristretto mondo campagnolo. Estetica da documentario, un lavoro perfetto sugli interpreti (strepitose soprattutto le attrici più giovani) e un forte sentore autobiografico (il padre delle sorelle Rohrwacher era anch’egli apicoltore): nonostante la forte sensazione di deja vu, il film è un racconto di formazione girato benissimo, senza eccessi e senza particolari forzature. Al Sundance avrebbe fatto furore, ma anche a Cannes non è che sia andata proprio male, visto che ha ottenuto il Gran Prix Speciale della Giuria. Bello, è su Mubi.

SERIE TV: Dopo aver marcato visita nel capitolo precedente, torniamo a parlare un po’ di serie tv. Ted Lasso è a metà del suo percorso e si sta allontanando sempre di più dal personaggio principale, che dà il nome alla stessa serie, per definire sempre di più quell’arcipelago di caratteri e sottotrame che circondano il protagonista. Secondo me la forza dello show era proprio il mood positivo del coach Lasso, ormai diventato un semplice direttore d’orchestra di un’onda (o baraonda) di personaggi e situazioni. Mette sempre di buonumore, però la sensazione è che il meglio sia passato (anche perché questa stagione si sta rivelando molto più “calcistica” rispetto alle precedenti, o è solo una mia impressione?).

Ad aprile è cominciata anche la stagione conclusiva di quel meraviglioso show che è The Marvelous Mrs Maisel, come sempre scritto divinamente (in particolar modo i dialoghi) e godibile all’inverosimile: è incredibile come in cinque stagioni Amy Sherman-Palladino sia riuscita a mantenere sempre altissimo il livello. Esce un episodio ogni venerdì e oggi, al momento di scrivere, siamo giunti al quarto: uno meglio dell’altro.

Da grande estimatore di Cedric Klapisch, oltre che da grande appassionato di quel cult che è stato L’Appartamento Spagnolo, ho cominciato su Prime anche la serie Greek Salad, di fatto quarto capitolo del filone cominciato proprio nel 2002 con quel film incentrato sugli studenti Erasmus, che lanciò la carriera di Romain Duris. In questo nuovo progetto, per la prima volta serie e non film, al centro della storia ci sono i due figli di Xavier (Duris) e Wendy (Kelly Reilly) e la vicenda si svolge ad Atene. Ovviamente ancora una volta c’è l’enorme babele linguistica che era stata il punto di forza del primo film, tra rifugiati, coinquilini e viaggiatori da ogni dove, oltre ad alcune situazioni che sembrano ricalcare un po’ le vecchie avventure di Xavier (dai problemi sentimentali alle apparizioni “filosofiche”, che ai tempi erano di Erasmo da Rotterdam e stavolta di Socrate o Eraclito). In questo nuovo capitolo però, rispetto al passato, c’è una fortissima impronta politica, una città cinematograficamente sottovalutata come Atene e una storia che, volenti o nolenti, ti fa venire voglia di vedere immediatamente l’episodio successivo. Al momento ho visto 4 puntate su 8 e, giunto a metà stagione, posso già dire che la serie non è male per niente, anche se la nostalgia per quella caotica sgangheratezza che è la giovinezza colpisce con una lama affilatissima: mi manca avere quell’età.

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4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Madame Verdurin ha detto:

    Ricordo che Zodiac era piaciuto moltissimo anche a me alla sua uscita. Ottimi attori e tensione altissima per tutto il film, nonostante il killer di fatto non si veda mai e non ci sia neppure una conclusione: per questo l’ho trovato molto realistico e coinvolgente.

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    1. AlessioT ha detto:

      Film che non invecchia davvero mai. Bellissimo

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  2. Sam Simon ha detto:

    As bestas, Zodiac, The Road… To sei trattato più che bene in questo capitolo! :–)

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    1. AlessioT ha detto:

      Non ci facciamo mancare niente 😉

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