
Alla fine è arrivato giugno, sembrava così lontano, così irraggiungibile, mentre invece l’estate ormai si avvicina a grandi falcate. Negli ultimi tempi sono successe parecchie cose, c’è stato un concerto del Boss, un sogno europeo fatto a pezzi da un britannico calvo e, per restare più strettamente legati all’ambito cinematografico, abbiamo visto Nanni Moretti ballare sul red carpet di Cannes, il nuovo trailer di Barbie di Greta Gerwig e Noah Baumbach, oltre a Quentin Tarantino che ha raccontato il suo prossimo film, The Movie Critic (sarà la storia di un critico cinematografico realmente esistito, che scriveva recensioni su una rivista pornografica). Ad ogni modo, parafrasando Ned Stark, “Summer is coming”.
Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles (1975): Recentemente mi è capitata sotto agli occhi il sondaggio decennale della rivista britannica Sight & Sound, secondo cui questo film di Chantal Akerman è, al momento, il migliore della storia del cinema. 3 ore e 21 minuti in cui vediamo la routine quotidiana di una madre rimasta vedova, in un film che somiglia moltissimo ad una montagna: ogni minuto è come un pezzo di parate da scalare, ti affatica, ti stanca e non ne capisci il motivo, è solo quando arrivi in cima che realizzi quanto la visione sia stata appagante. Un film unico nel suo genere, non sarà il migliore della storia del cinema (non scherziamo), ma se si presta pazienza e fiducia il premio alla fine sarà enorme.
Les Parapluies de Cherbourg (1964): Anni fa, quando vivevo con un coinquilino (futuro professore di cinema), tra i suoi tanti dvd vedevo spiccare sempre quello di questo film, vincitore del Grand Prix a Cannes, eppure non riuscivo mai a trovare la voglia di prenderlo e guardarlo. Poi però il mese scorso ho rivisto Lola di Jacques Demy, primo capitolo della trilogia di cui Les Parapluies è il secondo film, e in quell’occasione ho ripensato a quel famoso dvd. Inoltre anche questo compare nella lista di Sight and Sound di cui parlavo sopra: la disponibilità sul catalogo Mubi è stato l’ultimo tassello che si è incastrato, lo dovevo vedere! Da non amante dei musical, posso dire che questo è un film straordinario: innanzitutto ho amato l’idea che fossero cantati anche i dialoghi più banali (in effetti TUTTO il film è cantato, questo sì che è un musical!), inoltre i colori, le scenografie, la bellezza di Catherine Deneuve e il suo dilemma sentimentale mi hanno letteralmente catturato fino all’ultimo fotogramma. La storia infatti è incentrata su una coppia di innamorati che vive a Cherbourg, in Normandia. Lui viene chiamato alle armi (sullo sfondo c’è il conflitto in Algeria che si sta inasprendo) e, nonostante i due giovani si dichiarino amore eterno, il futuro è nebuloso (ma pur sempre cantato). Il 2023 è l’anno in cui sto scoprendo che regista straordinario fosse Jacques Demy. Meglio tardi che mai.
A Taxi Driver (2017): Negli ultimi anni, anche grazie al grande interesse che si sta muovendo intorno al cinema sudcoreano, mi sono passati davanti tantissimi titoli di film che avrei dovuto vedere. A Taxi Driver di Jang Hoon era uno di quelli più citati. Una sera, trovandomelo davanti mentre spulciavo il catalogo di Prime Video, ho pensato di dargli una chance: dalla locandina mi sembrava un film piuttosto leggero e la prima mezzora di film mi ha confermato che si trattava, più o meno, di una commedia, nonostante sullo sfondo si stesse muovendo qualcosa di molto diverso. I primi minuti mi lasciano un po’ interdetto a dire la verità, mi domando dove voglia andare a parare la storia, infine mi ritrovo davanti a qualcosa di totalmente diverso dalle sue premesse, ma soprattutto mi trovo davanti a un film bellissimo, tratto da una storia vera, di cui ignoravo totalmente anche il background. Strepitoso, da recuperare (anche se su Prime è disponibile soltanto in italiano).
STILL: La Storia di Micheal J. Fox (2023): Chiunque sia cresciuto negli anni 80 ricorda il volto di Michael J. Fox come quello di un cugino, un amico di famiglia, qualcuno che in qualche modo ha fatto parte della tua infanzia, o pre-adolescenza. Per questo motivo la notizia della sua malattia, ai tempi, lasciò tutti noi senza parole. Il documentario di Davis Guggenheim ora, ripercorre la carriera del nostro attraverso i suoi esordi con Casa Keaton, fino alla consacrazione con Ritorno al Futuro (e alla massacrante routine dell’attore, impegnato giorno e notte su due set). Il successo planetario, le prime avvisaglie della malattia (il Parkinson, con cui Fox convive da circa 30 anni), infine la vita di oggi, tra l’impegno politico a sostegno della ricerca e la vita in famiglia. Ma, soprattutto, la costante paura per una fine che inevitabilmente arriverà troppo presto. L’ironia e il sorriso sbarazzino però non mancano, neanche oggi che è un 60enne con diverse difficoltà di movimento. Un bel documentario, ben realizzato, con il supporto di splendidi inserti visivi girati ad hoc e un sapiente uso del montaggio, che utilizza immagini dei vecchi film di Fox per supportare il senso delle parole che scorrono in sottofondo. Disponibile su Apple Tv.
Mean Streets (1973): La settimana scorsa Martin Scorsese era a Roma, a Villa Borghese, a presentare una rassegna di proiezioni: alla Casa del Cinema verranno infatti proiettati film a coppie, uno di Scorsese, ovviamente, e un altro, scelto dallo stesso Scorsese, di registi diversi. E quando uno dei più grandi registi viventi parla dei film che ama (La morte corre sul fiume o Shadows, per citarne un paio), capisci ancora una volta perché il suo cinema è così valido. Alla fine dell’incontro è stato dunque proiettato Mean Streets, che Scorsese ha accoppiato con Prima della Rivoluzione di Bertolucci. Tutto questo cappello introduttivo era per contestualizzare il motivo per cui mi sono rivisto questo meraviglioso film del 1973 (che cinquantenne!), in cui Scorsese approfondisce gli umori e la vita della Little Italy di quegli anni e semina i primi indizi che caratterizzeranno gli anni migliori del suo cinema: gli italiani, i Rolling Stones, Robert DeNiro, il disagio del quotidiano, il bisogno di essere qualcuno in mezzo al nulla che spesso circonda i suoi personaggi. Quando Mean Streets fu presentato a New York il 2 ottobre del ’73, la madre di Scorsese (che fa anche una comparsata nel film) all’uscita commentò: “Non so dove mio figlio abbia imparato tutte quelle parolacce, di certo non a casa”.
Snatch (2000): Quando l’opera seconda di Guy Ritchie uscì al cinema, per molti di noi futuri studenti di cinema, fu un instant cult. Volevamo essere cool come quei personaggi, vestirci come loro, camminare come loro, parlare come loro. Ma soprattutto, volevamo fare film così, pieni di dialoghi brillanti, black humour e personaggi indimenticabili (ci abbiamo provato davvero, con risultati non proprio eccezionali però). Oggi, dopo oltre vent’anni, il film resta un divertissement irresistibile, anche se si nota molto di più come in realtà ci sia più stile che sostanza. Insomma, tanto fumo colorato, profumato, ma poco arrosto. Però avercene di fumo così, Brad Pitt probabilmente non si è mai divertito così tanto. E voi, lo conoscete il significato della parola “nemesi”? Sperate che non sia mai Testarossa a dovervelo spiegare…
Lazzaro Felice (2018): Mubi sta proponendo il cinema di Alice Rohrwacher e per me è davvero un’occasione di scoprirlo, visto che prima del mese scorso, quando ho visto Le Meraviglie, non avevo ancora visto nulla della regista ternana. Lazzaro Felice, premiato a Cannes per la migliore sceneggiatura, è probabilmente il suo film migliore. In una tenuta di campagna, isolata dal mondo esterno, un gruppo di contadini lavora per la cinica sfruttatrice Nicoletta Braschi. Il figlio di lei, annoiato e ribelle, fa amicizia con un giovane locale dal cuore d’oro, Lazzaro, grazie al quale in seguito deciderà di inscenare il proprio rapimento. Da un canovaccio così semplice si dipana una storia ben più complessa, tenera e spietata al tempo stesso, una favola dove la bontà è l’ignara protagonista di un mondo dove però c’è poco spazio per il cuore. Bellissimo.
Leon (1994): Ogni tanto, parlando con amici e conoscenti, esce fuori un film famosissimo del passato che però qualcuno non ha mai visto e la frase che segue tale rivelazione/confessione solitamente è: “Ma veramente non hai mai visto (inserire titolo di un film anni 80 o 90 a caso)?”. Ecco, nel mio caso uno di quei film che avevano visto tutti tranne me era questo cult di Luc Besson, passato alla storia soprattutto per aver lanciato una Natalie Portman giovanissima, che nel film affianca il sicario italiano (sic) Jean Reno dopo che Gary Oldman le ha sterminato la famiglia. Un cult che avrebbe meritato di essere visto e amato ai tempi dell’uscita cinematografica (tra l’altro è probabile che, essendo suo coetaneo, mi sarei innamorato di Natalie Portman molto prima), ma anche oggi mantiene viva la sua carica e il suo grande impatto visivo, che hanno reso Leon un punto di riferimento sulla cultura popolare della nostra adolescenza (tant’é che anche io che non lo avevo visto conoscevo praticamente tutto: Mathilda, la pianta, l’occhialetto di Jean Reno, lo zuccotto in testa ecc). Bello!
Il Grande Giorno (2022): Ho smesso ormai da tempo di vedere i film di Aldo, Giovanni e Giacomo. Negli ultimi 20 anni hanno completamente smesso di avere idee, guizzi e, pur avendoli sempre nel cuore per i miracoli compiuti negli anni 90, ormai da tempo hanno smesso di essere particolarmente divertenti. Tuttavia avevo sentito parlare quasi bene di questo loro ultimo film (diretto come sempre da Massimo Venier) e, essendomi ritrovato in quella classica serata in cui o ti guardi una cazzata tranquilla o non vedi nulla, ho optato per la prima. Il pretesto è semplice, ma come al solito funzionale alla comicità: un matrimonio. Due soci in affari, Giovanni e Giacomo, stanno per diventare consuoceri, ma l’organizzazione del matrimonio perfetto comincia a collassare quando arriva l’ex moglie di Giovanni con il suo nuovo partner, un fisioterapista espansivo che ovviamente è Aldo. La prima parte del film è anche carina, diverte il giusto e l’entrata in scena di Aldo è esplosiva, poi però le idee e i momenti di comicità si esauriscono presto, lasciando spazio a un epilogo raggiunto veramente a fatica. Funziona a intermittenza: per film veramente divertenti a tema matrimoniale, rivolgersi verso la Francia (C’est la vie, per citare un titolo a caso).
SERIE TV: Dopo tanti anni di puro amore, ho detto addio alla meravigliosa Midge Maisel. Il finale di Mrs Maisel non poteva essere più perfetto, ma più che Miriam mi mancherà moltissimo suo padre Abe Weissman, al quale vorrei fosse dedicato uno spin off, perché è un personaggio dal potenziale comico pressoché infinito. Serie strepitosa, se non l’avete ancora vista cominciatela subito, è su Prime Video. L’addio a Ted Lasso è stato invece meno doloroso: per quanto si tratti di una serie che lavora perfettamente sull’umore e sui buoni sentimenti (poche cose mi hanno fatto andare a dormire con tanta buona disposizione), è evidente che in questa terza e ultima stagione le idee stavano cominciando a scemare, tanto che si è dovuto relegare lo stesso coach Lasso in un ruolo molto meno centrale rispetto all’inizio (e al titolo della serie stessa!). Ad ogni modo, sentirò la mancanza di quella banda di assurdi personaggi. Apriamo invece una parentesi su Manifest, anch’essa arrivata (per fortuna) all’ultima stagione. Saprete che non guardo serie a caso, anzi, faccio sempre mille storie prima di cominciare una serie (ho troppi film da vedere e normalmente guardo un telefilm solo se ne vale veramente la pena). Fatto sta che l’anno scorso ho avuto la malaugurata pensata di cominciare questo show e, nonostante le prime puntate fossero veramente accattivanti, mi sono ritrovato ben presto di fronte a quella che, in ambiti meno accademici e più informali, potremmo definire una “porcata”. Il problema è che, oltre a essere talmente brutto da non riuscire più a staccarmene, sono curioso di sapere in quale assurdo e indecente modo finirà (e siccome mi mancano solo due episodi, non mi tirerò indietro). Aggiornamenti nel prossimo capitolo.


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