Capitolo 366: Le Somme di Fine Anno

Il 2023 volge al termine e, come ogni anno, mi ritrovo qui a tirare le somme. Ad oggi, 28 dicembre, ho visto la bellezza di 197 film durante l’arco dell’anno: se escludiamo il 2020, in cui ne ho visti ben 224 (grazie anche ai vari lockdown causati dalla pandemia), il 2023 è stato l’anno in cui ho guardato più film negli ultimi dieci anni! Non male davvero e probabilmente non dovrei andarne così fiero, tuttavia non posso che provare un moto d’orgoglio all’idea che la mia risicata vita sociale mi abbia permesso di trovarmi davanti quasi due centinaia di film. Ah, certo, questi numeri li so perché ovviamente tengo il conto di tutto ciò che vedo (grazie anche a Letterboxd che dà sfogo alla mia anima nerd). Ad ogni modo questi sono i film visti prima dei viaggi natalizi e, a meno che tra Sicilia e Puglia non avvenga qualche sorpresa, saranno anche gli ultimi film che avrò visto nel 2023 (a proposito, avete già letto la mia Top 20?).

I Cinque Volti dell’Assassino (1963): Un colonello dell’Esercito britannico viene contattato da un vecchio amico che gli chiede di indagare sul passato di undici uomini. Immediatamente dopo la richiesta, questi viene coinvolto in un misterioso incidente aereo che gli costa la vita. Il militare intraprende subito la ricerca e scopre che i nomi indicati, tutti morti in circostanze non del tutto chiare, hanno un passato in comune. John Houston dirige Kirk Douglas in un divertente thriller che per lo spettatore dell’epoca deve esser stato come partecipare ad una caccia al tesoro: durante la promozione (e nei titoli di testa) viene infatti annunciata la presenza nel film di star del calibro di Frank Sinatra, Robert Mitchum, Burt Lancaster, Tony Curtis, tutti pesantemente nascosti dietro il trucco e rivelati soltanto nei titoli di coda, dove rivelano il loro ruolo nel film con tanto di ammiccamenti al pubblico e sorrisi in macchina (sequenza irresistibile). Al di là di questo stratagemma, il film diverte il giusto, fino al gran finale con la caccia alla volpe.
•••½

Alta Fedeltà (2000): Semplicemente uno dei miei film della vita. Il romanzo di Nick Hornby è il mio libro preferito e l’ho letto la bellezza di cinque volte: allo stesso modo sento il bisogno di rivedere il film di Stephen Frears a distanza di qualche anno, perché è uno di quei film che cambiano di pari passo con la crescita (o invecchiamento) dello spettatore. La prima volta l’ho visto a 20 anni, l’ultima a 42: nel mezzo ci sono state parecchie altre visioni, spesso diverse tra loro in base soprattutto ai miei affairs nella vita reale. La storia si svolge a Chicago (dove sono andato anche a visitare le location del film) ed è incentrata su John Cusack, proprietario di un negozio di dischi che è appena stato mollato dalla sua ragazza. Il nostro, tra buffa disperazione e strati di malinconia, ripercorre la Top 5 delle sue relazioni più dolorose, riuscendo finalmente a capire meglio se stesso e ciò che desidera. Film che sa essere al tempo stesso divertente (Jack Black qui centra forse il primo grande ruolo della sua carriera) ed emozionante, condito da una delle più grandi colonne sonore diegetiche della storia del cinema. L’ho appena visto e già non vedo l’ora di rivederlo e poi, scusate se è poco, c’è anche un cameo di Bruce Springsteen!
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Il Male non Esiste (2023): Forse non riesco ad apprezzare pienamente il cinema di Hamaguchi e penso che in questo caso sia un problema tutto mio. Ovviamente il precedente Drive My Car lo avevo trovato splendido anche io, ma non così tanto come mi è sembrato di leggere in giro. Stavolta la storia gira attorno ad una località di montagna, dove una società di Tokyo vorrebbe costruire un resort che non solo potrebbe minare la tranquillità della comunità, ma che rischierebbe anche di inquinare la preziosa acqua che scorre nel villaggio, risorsa principale del luogo. Forse sono io che non l’ho capito e me ne assumo la responsabilità, ma il finale mi ha davvero spiazzato. Durante la visione la concentrazione se n’è andata un po’ a spasso per la sala e forse è anche per questo che non sono riuscito a giungere a dama con la giusta temperatura emotiva. Bel film, per carità, ne riconosco una certa poesia, ma probabilmente non è la mia poesia.
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Maestro (2023): Bradley Cooper realizza il classico biopic hollywoodiano che omaggia, ripercorrendo le tappe fondamentali della vita, la carriera di un grande artista, in questo caso di Leonard Bernstein, il più grande direttore d’orchestra statunitense del ‘900 (interpretato dallo stesso Bradley Cooper, dietro un trucco possente che non sfigurerebbe nel film di John Houston di cui abbiamo parlato in apertura). A rubare la scena è soprattutto Carey Mulligan: il film a tratti sembra più incentrato su di lei che sullo stesso Bernstein. Più che altro ho avuto come l’impressione che il film morisse dalla voglia di dire molte cose, ma che alla fine sembra invece non avere granché da dire. C’è tutto ciò che puoi aspettarti in un biopic musicale, né più, ne meno: compitino.
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Rashomon (1950): Se non avessi saputo che è un film del 1950 avrei pensato di aver visto qualcosa uscita fuori dagli anni 60, a dimostrazione che questo di Akira Kurosawa è un film di una modernità clamorosa. Un samurai viene ucciso e la sua donna violentata da un bandito: un boscaiolo, un monaco e un vagabondo si interrogano sulla vicenda, che li ha coinvolti tutti come testimoni. Ognuno ha una versione diversa, compreso il samurai morto (che parla per mezzo di una medium in una delle scene più belle e inquietanti). Ognuno ha un motivo per mentire o per nascondere qualcosa, dov’è dunque la verità? Film imitatissimo, a tal punto da conferire il suo nome a quel tipo di situazione, non solo cinematografica, in cui un fatto viene descritto attraverso interpretazioni diverse o contraddittorie (The Rashomon Effect). Tecnicamente uno dei più grandi film della storia del cinema, che rivelò al mondo il talento dell’immenso Toshiro Mifune. Leone d’Oro a Venezia e Oscar come Miglior Film Straniero.
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Saltburn (2023): Emerald Fennell nel 2020 ci ha rivelato il suo talento con l’eccellente film d’esordio Una Donna Promettente, che le ha regalato l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale (e altre due nomination per film e regia). Il suo secondo film è un coming of age in cui il sempre clamoroso Barry Keoghan, studente di Oxford povero e un po’ impacciato (almeno all’apparenza), entra nelle grazie dell’aristocratico e affascinante Jacob Elordi, che lo invita a passare l’estate nell’enorme magione della sua squinternata famiglia. Teorema di Pasolini incontra Call Me By Your Name, in un paio d’ore di sequenze pop, colori, splendide intuizioni registiche e un sentore di deja vu qua e là. Niente di particolarmente straordinario, ma mi sono divertito abbastanza, grazie anche ad un finale decisamente notevole.
•••½


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Comments

2 risposte a “Capitolo 366: Le Somme di Fine Anno”

  1. Avatar Madame Verdurin

    Rashomon non solo è un gran capolavoro, ma è stato un film seminale, visto che, come dici tu, il “Rashomon Effect” poi è stato sfruttato moltissimo. Ho visto perfino il pretenzioso remake in salsa western: da evitare a tutti i costi!

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    1. Avatar AlessioT

      Ignoravo l’esistenza del remake e continuerò a farlo! 😅

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