Recensione “Challengers” (2024)

Nel suo meraviglioso romanzo autobiografico, Open, André Agassi affermava che il tennis usa il linguaggio della vita: “Gli elementi basilari del tennis sono quelli dell’esistenza quotidiana, perché ogni match è una vita in miniatura. Perfino la struttura del tennis, il modo in cui i pezzi entrano uno nell’altro come in una matrioska, rispecchia la struttura delle nostre giornate. I punti diventano game che diventano set che diventano tornei, ed è tutto collegato così strettamente che ogni punto può segnare una svolta. Mi ricorda il modo in cui i secondi diventano minuti che diventano ore, e ogni ora può essere la più bella della nostra vita. O la più buia. Dipende da noi”. Nel nuovo film di Luca Guadagnino, il tennis si fa metafora di vita e diventa piuttosto facile domandarsi se ciò che stiamo guardando è un match sportivo o la vita di due (anzi tre) persone, a tal punto che lo stesso Patrick, interpretato da Josh O’Connor, a un certo punto, dopo essersi sentito dire: “Pensi di aver già vinto quando il match invece non è ancora finito”, replica ingenuamente: “Ma stiamo parlando di tennis?”. Sì, perché parlare di tennis, come ha spiegato bene Agassi, è la stessa cosa che parlare di vita.

L’ex astro nascente del tennis femminile, Tashi Duncan, ora allena il talentuoso marito Art Donaldson, ormai giunto nella fase discendente della sua carriera,. Tashi vuole far recuperare ad Art una buona posizione nel ranking, ma soprattutto vuole che il marito ritrovi la fiducia in se stesso attraverso un torneo minore, un cosiddetto Challenger, dove il tennista però dovrà fare i conti con il suo ex migliore amico Patrick Zweig, che in passato ha avuto una storia proprio con Tashi.

Guadagnino mette in campo un triangolo amoroso non convenzionale, originale, ambientato nel fascinoso lato oscuro del tennis, lontano dagli Slam, dalle copertine patinate e dai principali tornei ATP, avvolto invece nel sudore grondante del presente e, soprattutto, dalla meravigliosa promessa dell’adolescenza, dove tutto sembra possibile, dove il senso di amicizia è vivo, l’amore per una ragazza è un gioco da vivere punto su punto e soprattutto l’agonismo, il cinismo dell’età adulta e la solitudine del tennista professionista, è un mondo ancora lontano (o vicino, dipende dal montaggio). Zendaya mette in campo tutto il suo arsenale di leggerezza e sex appeal, O’Connor e Faist sono bravi a mettersi a disposizione della storia. I due sfidanti di Challengers regalano a Guadagnino uno dei migliori film della sua filmografia, tra palline che sembrano finire addosso allo spettatore e gocce di sudore pesanti come macigni. Un macigno che è anche quello delle aspettative mancate, dei fallimenti personali e sentimentali, di una vita che non sempre mantiene le promesse di gioventù, quando anche la notte è giovane e i sogni sono ancora lucidi, caldi, come il bacio della più bella della classe. Una cosa è certa però: nella resa di conti tra il passato e il presente si può anche arrivare all’ultimo set, ma di certo non ci sarà pareggio.


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2 risposte a “Recensione “Challengers” (2024)”

  1. Avatar Sam Simon

    Interessante la metafora tennistica, e Agassi era il mio favorito (da giovane giocavo con la racchetta Head personalizzata coi suoi colori, giallo e nero). Tutto questo per dire che vedrò di cercare questo film di Guadagnino, grazie!

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    1. Avatar AlessioT

      Secondo me ne vale la pena, esce in sala a fine mese 🙂

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