Recensione “Ema” (2019)

I colori, il ritmo, le onde, la musica, il fuoco. E ancora ritmo, ritmo, ritmo. Larrain, dopo la doppietta Neruda e Jackie torna ad occuparsi della società cilena, permettendoci di ballare non sempre in maniera chiara e sicura: è lui però che conduce le danze e se ci lasciamo trasportare il premio finale sarà enorme. Ema, pedinata per tutto il film da una macchina da presa pressoché invisibile, è fuoco che arde, è un vulcano in eruzione, sembra essere un tutt’uno con il lanciafiamme che le vediamo addosso in alcune sequenze del film. Ma è anche acqua (eloquente il momento in cui invece gestisce la pompa dei vigili del fuoco), sa quando è il momento di accendersi e quando è il caso di spegnersi, è uno di quei personaggi che solo il cinema sa come rendere immortali e gran parte del merito va alla strepitosa Mariana Di Girolamo, che sembra esser nata per questo ruolo.

Ema, giovane ballerina, decide di separarsi dal marito coreografo Gaston (un grandioso Gael Garcia Bernal) dopo aver restituito all’orfanotrofio il piccolo Polo, il figlio che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere. Tra danze e notti di follia Ema è alla disperata ricerca di storie d’amore che la possano aiutare a superare il senso di colpa, ma in realtà dietro ai suoi atteggiamenti potrebbe esserci un piano per riprendere in mano la sua vita.

I cerros della meravigliosa Valparaiso con i suoi colori fanno da sfondo ad un film dinamico, incendiario, che viaggia a ritmo di reggaeton, che se per Gaston è “distrazione nei confronti di una vita dietro le sbarre”, per Ema è come “ballare il sesso”. Il talento fuori dall’ordinario di Larrain trasforma una storia drammatica in una bomba di furore: in Europa (soprattutto in Italia) Ema sarebbe stato probabilmente raccontato come dramma sociale tra tribunali, avvocati e la riforma del sistema adottivo, mentre qui abbiamo fiammate di rabbia, sesso, anticonformismo, una rivolta selvaggia, una danza primitiva di chi, nonostante abbia perso la coda come una lucertola, non vuole perdere l’orientamento e, inevitabilmente, se ne fa crescere un’altra. Ema, sia il film che la sua protagonista, seduce tutti e tutte: è anarchia, è un femminismo che non vede i cliché neanche con il telescopio, è rabbia giovane, è voglia di piegare il mondo secondo i propri dettami e le proprie regole come Neo in Matrix e pazienza se il piano folle che mette in piedi può sembrare un po’ eccessivo e a tratti forzato: è la devastante potenza di un fiume in piena che trascina con sé ogni cosa. Sesso, Valpo e Reggaeton: uno dei migliori film dell’anno.


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2 risposte a “Recensione “Ema” (2019)”

  1. Avatar The Butcher

    Una recensione veramente interessante. Mi ha molto colpito e mi ha messo grande curiosità verso questa pellicola. Grazie mille!

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    1. Avatar AlessioT

      Grazie a te, spero piaccia anche a te, fammi sapere quando sarà!

      Piace a 1 persona

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