Capitolo 335

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Nel capitolo precedente della mia “vita da cinefilo” vi scrivevo prima di una finale europea e temevo di non scrivervi più poiché rischiavo di schiattare “per la troppa gioia o per l’immensa delusione”. La troppa gioia c’è effettivamente stata, ma in qualche modo sono riuscito a portare a casa la carcassa, a vedere nuovi film, a seguire nuove serie, a scrivere le solite opinioni non richieste su ciò che è passato davanti ai miei occhi nelle ultime due settimane.

Sei donne per l’assassino (1964): Caposaldo del cinema italiano di genere firmato da un maestro come Mario Bava. Al centro della vicenda c’è un atelier, dove l’assassino di turno sta decimando le modelle, uccidendone una dopo l’altra. Il film è stato una delle principali ispirazioni per Dario Argento, che ha preso da qui l’idea per i suoi numerosi killer vestiti di nero, senza volto e con i guanti scuri (per non parlare della fotografia, a cui si ispirerà molti anni dopo “Suspiria”). Altri elementi del film che saranno riproposti in moltissime pellicole di questo genere sono la lunga sequela di omicidi (il cosiddetto “body count”), il sadismo degli omicidi e la diversificazione di essi (abbastanza scioccante quello in cui il volto di una donna viene schiacciato contro una stufa accesa, che ha scatenato la critica contro questo film, accusato di sadismo eccessivo). Addirittura Wes Craven ha dichiarato di essersi ispirato a questo film per la creazione del personaggio di Freddy Krueger (più che altro l’idea dello psicopatico con il cappello). Al di là di tutta l’importanza all’interno del panorama cinematografico parliamo comunque di un film molto bello, invecchiato piuttosto bene se consideriamo che ha quasi 60 anni, con una regia e una fotografia che sarebbero impressionanti anche in un film del 2022 (se qualcosa si può contestare è sicuramente il livello della recitazione, ma anche qui c’è il fascino del tempo a placare ogni critica). Da vedere, è su Mubi (clicca qui per sapere come vederlo gratis per 30 giorni!).
“Guarda l’assassino come l’ha torturata, deve aver usato un attizzatoio arroventato!”

Blindness (2008): Dopo aver letto “Cecità” di Saramago (libro clamoroso, stupendo, impressionante) ho scoperto che quel bravissimo regista di Fernando Meirelles aveva girato l’adattamento per il cinema con Mark Ruffalo e Julianne Moore protagonisti. Ovviamente dovevo verificare il livello del film, così, appena terminato il libro, mi sono immediatamente messo a guardarlo. Nel mondo si diffonde un virus che porta le persone a diventare improvvisamente cieche: la società collassa velocemente e, mentre molte persone lottano per la sopravvivenza, altre scatenano i loro peggiori istinti. In questo mondo di non vedenti c’è però una donna non ha ancora perso la vista. Il materiale di base è talmente buono che basta attenersi alla storia per portare a casa la pagnotta: è quello che fa il regista brasiliano, che resta fedele al libro il più possibile, non rischia nulla e riesce a realizzare un film tutto sommato bello, con un ottimo cast. Inoltre, se non si conosce la storia, il finale potrebbe essere molto più interessante di quanto è sembrato a me che sapevo già tutto.
“Gioia e dolore non sono come l’acqua, coesistono…”

2046 (2004): Uno dei capisaldi degli studenti del DAMS dei primi anni Duemila (insieme a “Ferro3” e forse anche “Il Favoloso Mondo di Amelie”), è anche il sequel di quella meravigliosa opera d’arte che è “In The Mood For Love”. Non lo avevo mai visto finora, nonostante ai tempi dell’università fosse uno di quei film sulla bocca di tutti. Sarà per la grandezza del film precedente, sarà per le aspettative alte, devo ammettere che questa volta Wong Kar-wai mi ha lasciato un po’ freddino. Il film in sé è bello, niente da dire, ma si dilunga tanto e mescola un po’ troppi livelli narrativi (tutto il discorso sul personaggio del libro che viaggia nel tempo lo avrei saltato a piè pari). La storia è quella di uno scrittore che, dopo aver perso l’amore della sua vita, viaggia nei ricordi e nella memoria cercando nelle altre donne che ha avuto brandelli della donna che non avrà più. Romantico ma mai eccessivamente smielato, il film è come già detto piuttosto valido, ma si dilunga in alcune lungaggini che ne spezzano il ritmo e anche la facilità con cui si riesce a seguire le vicenda. Ma un film forse minore di Wong Kar-wai resta sempre meglio dei migliori film di gran parte del resto dei registi.
“Nella vita il vero amore si può mancare, se lo si incontra troppo presto o troppo tardi. In un’altra epoca, in un altro luogo, la nostra storia sarebbe stata diversa”

Vita privata di Sherlock Holmes (1970): Mentre leggevo “Io e Mr Wilder” di Jonathan Coe sono venuto a conoscenza dell’esistenza di un film di Billy Wilder dedicato a Sherlock Holmes, che è uno dei miei personaggi letterari preferiti in assoluto. Nell’abitazione di Holmes e Watson una notte giunge una donna belga che è appena stata aggredita. Holmes comincia immediatamente a indagare su questa misteriosa ragazza e le sue deduzioni finiscono per portare tutto il gruppo in Scozia, alle prese, tra le altre cose, con un gruppo di frati trappisti onnipresenti e il mostro di Lochness. La storia è originale, non appartiene alla serie di Arthur Conan Doyle, e difatti alcune situazioni fanno un po’ storcere il naso, uno dei motivi per cui il film è stato un flop clamoroso. In realtà la mano di Wilder si nota sempre e i momenti di leggerezza sono infatti quelli che funzionano meglio: nonostante tutto il film è godibile, seppur non imperdibile.
L’ultimo dottore che mi ha diffidato dal bere, traversando Piccadilly è scivolato su una buccia di banana ed è finito sotto una carrozza. Alla vostra!

Reprise (2006): Joachim Trier quest’anno è balzato agli onori della cronaca con il clamoroso successo internazionale del suo ultimo film, “La persona peggiore del mondo”, ultima parte della cosiddetta trilogia di Oslo, un trittico di film ambientato, per l’appunto, nella capitale norvegese. “Reprise”, che trovate su Mubi, è il suo ottimo film d’esordio, la storia di due amici scrittori alle prese con il proprio futuro, le aspettative degli altri e anche con il successo. Raccontato con il giusto mix di ironia e dramma, Trier riesce a non scadere mai nella retorica e a descrivere con grande sincerità la vita di un gruppo di amici piuttosto eterogeneo, tra musica punk, storie d’amore e il bisogno di confrontarsi con il proprio io. L’incipit in particolare è strepitoso, tra i migliori visti negli ultimi anni, uno di quegli inizi folgoranti che ti fanno pensare: “Sto per vedere un bellissimo film”, e così è.
“Non aveva mai incontrato una ragazza che avesse “Road to Ruin” dei Ramones su vinile”

Hustle (2022): Dopo Aristoteles ne “L’allenatore nel pallone” lo schema narrativo basato sul rapporto paterno tra l’allenatore e l’atleta emergente è cosa vecchia. Usare lo stesso stratagemma addirittura a distanza di pochi anni da un film come “Creed” significa davvero sperare nell’ingenuità degli spettatori. Adam Sandler, sempre bravo nei ruoli drammatici, è uno scout della squadra di basket di Philadelphia. Tra i campetti più infimi della Spagna trova un talento puro, un colosso di quasi due metri per il quale metterà a repentaglio qualunque cosa pur di vederlo in NBA. Film retorico e autocelebrativo, ennesima storia di redenzione prevedibile e senza particolari spunti, se non il bisogno dell’NBA di mettersi in mostra in tutta la sua enormità (un business che nel film non viene mai, neanche minimamente, messo in discussione). Numerose le star presenti nel film (lo stesso co-protagonista gioca in NBA), tutto sommato è un filmetto.
“Il calcio? Io odio quello sport”

SERIE TV: Tanta carne al fuoco a questo giro, da dove cominciamo? Partiamo con la prima parte dell’ultima stagione di Stranger Things (la seconda parte uscirà il primo luglio). Il riassunto è piuttosto facile: tutto ciò che si svolge a Hawkins, la storia di Vecna e tutta quella vicenda, mi sta piacendo moltissimo, c’è avventura, horror, ironia senza scadere troppo nel macchiettistico (come purtroppo avviene in tutto il resto della serie) e belle trovate (la scena con “Running Up That Hill” di Kate Bush è notevole). Le noti dolentissime arrivano appena le vicende si spostano fuori dalla cittadina che abbiamo imparato a conoscere nella prima stagione: la storia di Eleven bullizzata nei licei californiani è banale e scontata all’inverosimile (ormai Netflix mette i bulli dentro qualunque serie, addirittura qui li mette pure dentro il laboratorio dove si svolge la seconda parte della storia di Eleven). Mike inoltre è diventato un idiota totale, lontanissimo anni luce dal quello strepitoso nerd che avevamo amato nella prima storica stagione, su Benjamin (una volta cupo e misterioso, ora ennesimo cretino della serie) sorvolo. Forse però la trama che gira intorno alla Russia e alla liberazione di Hopper è ancora peggio, con situazioni paradossali e quelle macchiette che dovrebbero far ridere (povera Wynona, cosa ti stanno facendo fare), invece ti fanno piangere a ripensare cosa era stata questa serie nel 2016 e cosa è diventata adesso. Insomma, ci fosse solo Vecna, sarebbe ancora tutto abbastanza bello, invece c’è un intero contorno che è purtroppo inguardabile. Mai la mancanza di idee aveva fatto tanti danni in una serie di successo. In attesa della conclusione (per fortuna si chiuderà definitivamente), sto seguendo la nuova stagione di The Boys, che trovo sempre molto interessante nonostante i personaggi con pigiami e poteri solitamente mi annoiano enormemente. Primo episodio superlativo, poi qualche calo di tensione, ma la promessa di poter ancora mostrare grandi cose. Se non ci fosse Jack Quaid, che trovo insopportabile, sarebbe ancora meglio, ma purtroppo non si può avere tutto dalla vita. Con I Soprano invece sono arrivato quasi a metà della terza stagione e mi sta piacendo moltissimo: i figli di Tony stanno diventando grandi e tante cose sembrano in procinto di cambiare: purtroppo la serie la seguo un po’ a rilento, ma me la sto godendo sicuramente. In conclusione sto proseguendo, durante i pasti, con il rewatch di The Office ed è sempre un piacere enorme, una delle principali fonti di buonumore della giornata, in attesa di andarmene in vacanza!

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