
Cassavetes diceva che i film sono un universo parallelo per le persone a cui non piace il mondo vero. Non è un caso dunque se in questo capitolo troverete ben otto film, compresi i classici recuperoni pre-Oscar. Come avrete notato, per la prima volta abbiamo scelto di aggiungere un titoletto al numero del capitolo, tanto per arricchire la rubrica con qualcosa di nuovo. I tempi cambiano, tanto vale rinnovarsi ogni tanto, soprattutto al 347° articolo della rubrica più longeva del web (in realtà non ne ho idea, ma chi potrebbe mai dire il contrario?). Ecco a voi l’ultimo mese di film visti, mentre l’inverno scivola lentamente via: la primavera intanto tarda ad arrivare.
Dieci Inverni (2009): Sono tanti anni che sento parlare di questo buonissimo film di Valerio Mieli, che tra l’altro è stato anche scelto come film della vita da una partecipante al progetto Film People. La storia racconta il modo in cui si sviluppa il rapporto tra i protagonisti Isabella Ragonese e Michele Riondino lungo l’arco di dieci anni, i dieci inverni del titolo, in una Venezia fredda ma intensa. C’è sicuramente qualche ingenuità di troppo, sia nel racconto che nella messa in scena, ma in linea di massima è un film piacevole, che è stato in grado di diventare un piccolo cult nel giro di un decennio. Ci ho messo più di dieci inverni prima di vederlo, ma almeno sono riuscito a vederlo a febbraio.
Tar (2022): Questi sono i film per cui vale la pena fare le classifiche di fine anno: se anche solo una misera persona deciderà di recuperarlo, sarà stata cosa buona e giusta. Il film di Todd Field è incentrato su una compositrice e direttrice d’orchestra famosissima e ricercata, Cate Blanchette (qui alla sua migliore interpretazione in carriera, come sia stato possibile non darle un Oscar è qualcosa sulla quale preferirei non indagare). Un personaggio egocentrico, accentratore, manipolatore, ma anche un’artista eccezionale, straordinaria, all’apice di una magnifica carriera. Un saggio sugli effetti del potere e di come esso possa generare impulsi pericolosi e predatori in chi lo detiene. Uno dei migliori film usciti nel 2023, senza dubbio alcuno.
American Beauty (1999): Ogni tanto, quando non mi va di lanciarmi nel viaggio di un film che non conosco ma ho comunque voglia di vedere un film, apro la porta della comfort zone e mi rifugio in quelle storie che conosco a memoria, di cui avevo gran parte dei dialoghi scritta nei diari di scuola e dei quali posso ripetere le battute a memoria. Per questo motivo ho deciso di ritrovare il film d’esordio (!) di Sam Mendes, che non vedevo da un paio di decenni, ma che tuttavia ha conservato intatta la sua potenza e la sua bellezza. Un film che mostra una scappatoia dal conformismo borghese, sulla necessità di tornare freschi e autentici nonostante tutto intorno a noi sia basato sull’apparenza. Il miglior Kevin Spacey di sempre, cinque Oscar, tanta bellezza e quel dannato sacchetto di plastica che ti lascia appiccato allo schermo. Eterno.
Il Silenzio degli Innocenti (1991): Idem come sopra. Non vedevo questo capolavoro di Jonathan Demme da oltre dieci anni e avevo assolutamente voglia di tornare in quella Baltimora così fredda e inquietante in compagnia di Jodie Foster e Anthony Hopkins, entrambi nel ruolo che vale una carriera. Hopkins compare nel film per meno di 25 minuti (su 118 dell’intera pellicola) ma tanto basta a consegnare il suo personaggio, Hannibal Lecter, alla storia del cinema, regalando alla leggenda non solo un killer spietato, ma anche una mente affascinante e sopraffina. Allora, finalmente gli agnelli hanno smesso di gridare?
Benedetta (2021): Paul Verhoeven non è mai stato un regista banale. Dopo il bellissimo Elle, il regista olandese si è lanciato in questo progetto a dir poco audace che esplora l’incontro tra religione, sessualità e ambizione, in un’epoca segnata dalla peste. Il film infatti si ispira alle vicende della religiosa Benedetta Carlini, una suora del 1600, che dopo essersi unita a un convento italiano, cominciò una pericolosa storia d’amore con un’altra donna. Verhoeven ha sempre saputo come inserire l’erotismo nei suoi film (Basic Instict dovrebbe dirvi qualcosa, per citarne uno) e qui riesce ad andare oltre lo scandalo o la provocazione (anche se c’è un dildo tratto da una madonnina di legno!), per raccontare innanzitutto la storia di una persona, un essere umano con i suoi desideri, le sue passioni, le sue pulsioni e le sue debolezze. Ma anche il lato oscuro, quello della donna ambiziosa, di potere, che non vuole perdere ciò che ha conquistato, a qualunque costo. Non è facile entrare in empatia con Benedetta (Virginie Efira, strepitosa), anzi, si arriva anche a detestarla, ma di certo non è un film che lascia indifferenti. Bello.
Senza Tetto né Legge (1985): Miglior film a Venezia, Agnes Varda racconta la storia di una giovane vagabonda, facendo partire il racconto dal momento in cui viene rinvenuto il suo cadavere in piena campagna. La voce off comincia a mostrarci così la storia di Mona (una giovanissima Sandrine Bonnaire) e di tutti gli incontri fatti durante il suo cammino, tra autostop e strade di campagna. Agnes Varda mostra il ritratto di una generazione disperata, quasi senza speranza, ma riesce come sempre a dipingere le sue storie con leggerezza, libertà e quel sempre presente calore umano tipico dei suoi lavori. Sorprendente, lo trovate su Mubi.
Everything Everywhere All At Once (2022): In vista della notte degli Oscar e del purtroppo inevitabile successo di questo film, ho recuperato in tempo l’opera cinematografica più chiacchierata della settimana. Lo dirò brutalmente: non mi è piaciuto (lo immaginavo in realtà), ma senza dubbio ci sono alcune trovate che vanno assolutamente salvate. Partiamo dunque dalle cose buone: le interpretazioni (Michelle Yeoh e Jamie Lee Curtis fantastiche, anche se Cate Blanchette avrebbe meritato l’Oscar più della protagonista di questo film), l’idea di base abbastanza originale (anche se Carax aveva raccontato qualcosa di vagamente simile già dieci anni fa, in quell’opera straordinaria e incompresa che è stata Holy Motors) e un bellissimo omaggio al cinema di Wong Kar-wai (e al suo direttore della fotografia Christopher Doyle). Cose che non mi sono piaciute: pressoché tutto il resto, mi è sembrata un’accozzaglia di banalità resa in maniera piuttosto superficiale, perfetta per i millennial (che è infatti il target a cui un film di questo genere è destinato). Per tornare un momento sugli Oscar: miglior film e soprattutto migliore sceneggiatura originale sono il furto più grande (anche l’attrice, ma ne ho già parlato abbastanza). Insomma, per me è no, nonostante il bene che posso volere a Ke Huy Quan, un Goonie come noi.
Niente di nuovo sul Fronte Occidentale (2022): Altro film che andava recuperato in vista Oscar, altro film che non avrei voluto vedere per motivi tutti miei (sono un po’ stanco dei film di guerra). Stavolta però, nonostante la freddezza con la quale mi sono approcciato alla visione, devo dire che si tratta davvero di un film molto bello. Certo, il materiale di partenza (il romanzo di Ramarque) è talmente eccezionale che per fare un brutto film ci si dovrebbe davvero impegnare parecchio, ad ogni modo, nonostante qualche cliché di troppo (basta con queste foto di mogli e figli nel portafogli che rivelano l’umanità dei “nemici”, scena telefonatissima), il film funziona e l’ultimo quarto d’ora lascia davvero a bocca aperta, così come l’accuratezza con la quale sono state ricostruite le trincee. Bello, è su Netflix.
SERIE TV: Come forse avrete letto (qui la recensione), ho finalmente finito di vedere I Soprano e, come succede sempre quando finisci una serie strepitosa, ho vissuto una decina di giorni di vuoto assoluto e di mancanza di quei personaggi. Non dirò niente di più, visto che ho già approfondito il discorso, ma quel finale ogni tanto ritorna nei pensieri e credo che sia una delle cose più belle e geniali mai viste. Poco fa ho finito anche la prima stagione di The Last of Us e, a proposito di serie strepitose, penso che sia la cosa più bella che vedrò quest’anno a livello televisivo (anche se, va detto, vedo talmente poche serie che la mia opinione non è che sia così affidabile). Anche in questo caso, visto che c’è chi la sta ancora guardando, non dirò niente se non che ho trovato ogni episodio una piccola opera d’arte. Sono rimasto felicemente spiazzato dalla carenza di scene d’azione a favore del dialogo, delle emozioni, del racconto sulla perdita, sul riscatto, sul bisogno di curare le ferite della vita (morsi di tutt’altro genere rispetto a quelli degli infetti). “Il tempo cura tutte le ferite, immagino”. “Non è stato il tempo a farlo”. Meravigliosa.

Bellissime recensioni! Molto interessante il paragone con Holy Motors
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I nostri commenti sui post dell’altro sono sempre così simili che un giorno qualcuno posterà la gif di Spiderman che si indica! 😀
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😅
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Hai ragione, ogni tanto un cambiamento, piccolo o grande che sia, ci vuole per rinfrescare la mente 🙂
Anche io adoro American Beauty ( e mi scrivevo le battute sul diario di scuola!), l’ho sempre trovato un gran bel film, anche se ha molti detrattori io lo amerò sempre. Ogni volta che vedo un sacchetto di plastica che vola sento distintamente quelle note…
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Che bello quando la vita reale diventa una citazione cinematografica! 🙂 Condivido tutto
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