
In questa primavera che tarda ancora ad arrivare e con un Festival di Cannes che bussa prepotentemente alle porte, cosa c’è di meglio che arricchire le proprie notti con altri più o meno splendidi film? In questo capitolo c’è un po’ di tutto, dalla commedia morettiana alla fantascienza, dall’animazione in stop motion all’horror anni 70, dal realismo poetico francese degli anni 30, alla Nouvelle Vague anni 60, fino al drammone transalpino del 2022. E poi si va a chiosare con l’aggiornamento sulle serie tv che sto guardando. Mentre voi leggete, io cerco intanto di infilarmi nella valigia di qualche collega che va a Cannes…
Caro Diario (1993): Dopo aver visto Il Sol dell’Avvenire è inevitabile ritrovarsi avvolti, ancora una volta, dalla “Moretti-mania”. Premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1994, nell’anno del trionfo di un certo Pulp Fiction, Caro Diario è come un vecchio amico che, anche se non vi incontrate da decenni, nel momento in cui lo rivedi sembra che non sia passato un giorno. Diviso in tre episodi, quello che maggiormente ha segnato l’immaginario del cinefilo italiano anni 90 è senza dubbio il primo, “In Vespa”, dove Nanni Moretti passeggia con il suo scooter per i quartieri di una Roma estiva e semideserta (che bello vederlo per le strade della Garbatella, a pochi passi da me, oggi). Non mancano momenti cult anche nei restanti due episodi, “Isole” e “Medici”. In uno, è indimenticabile l’impossibilità di fare una telefonata senza che rispondano alla cornetta i figli piccoli di chi si cercava di chiamare (per non parlare della caccia agli spoiler di Beautiful), nell’altro il finale con Moretti circondato da farmaci e medicine. “Un’opera cinematografica che ha superato il livello del successo per arrivare a quello di icona sociale”: questa è la definizione di film di culto, questo è Caro Diario.
L’Esercito delle 12 Scimmie (1995): Nel marzo del 1996 avevo appena 14 anni e mi capitò, per la prima ed unica volta in vita mia, di andare al leggendario cinema Maestoso sull’Appia Nuova, oggi tristemente chiuso, ma ancora ben presente come punto di riferimento del quartiere Appio Latino, nonostante le saracinesche siano abbassate ormai da anni. Da allora, tra passaggi televisivi, dvd e quant’altro, avrò rivisto questo film di Terry Gilliam almeno dieci volte: è senza dubbio uno di quelli che ho visto più volte in vita mia. La storia, liberamente ispirata al meraviglioso cortometraggio francese La Jetée (Chris Marker, 1962), racconta di un mondo dove gli esseri umani ormai vivono nel sottosuolo a causa di un virus. Il detenuto Bruce Willis viene mandato indietro nel tempo per indagare sui fatti che hanno causato la quasi totale estinzione dell’umanità. Un puzzle di messaggi, indizi e immagini che saltano dal presente al passato, in una realtà che sembra più una percezione che un luogo vissuto: “La storia è sconcertante. Si tratta di tempo, di follia e di una percezione di ciò che il mondo è o non è. È uno studio di follia e di sogni, di morte e di rinascita, ambientata in un preciso mondo a venire” fu il commento di Gilliam quando gli fu presentata una prima bozza dello script. Film dal fascino irresistibile, passano gli anni ma non invecchia di un giorno (e non potrebbe essere altrimenti, visto che non c’è un presente davvero definito). Sempre bellissimo.
Mad God (2021): Se la parola “disgustoso” avesse un’accezione positiva, allora lo schizofrenico e assurdo film di Phil Tippett si potrebbe definire di disgustosa bellezza. Se il nome di Tippett non vi dice nulla, vi dirà senz’altro di più il lavoro che ha svolto negli ultimi 40 anni al fianco di mostri sacri come George Lucas e Steven Spielberg: è proprio Tippett ad aver curato gli effetti speciali di film come L’impero colpisce ancora (per cui ha vinto un Oscar speciale), Jurassic Park (per cui ha invece vinto l’Oscar per i migliori effetti speciali), Howard il Papero o Starship Troopers, solo per citarne alcuni. Mad God è invece il film d’animazione al quale ha lavorato per oltre 30 anni, realizzandolo completamente in stop motion, grazie anche a una raccolta fondi lanciata su Kickstarter: un film feroce, crudele, cupo, senza speranza, ma dal fascino unico. La trama è difficilmente riassumibile in poche righe, si tratta più di un’esperienza visiva folle, visionaria, cinica, senza alcuna linea di dialogo. Un viaggio da tentare (sempre che ne abbiate il fegato!), in un mondo dove vige distruzione, la legge del più forte, ma dal quale non riuscirete a staccare gli occhi.
L’Atalante (1934): Secondo e ultimo film di Jean Vigo, scomparso poco prima di concludere l’opera, che però grazie a questo film raggiunse l’immortalità cinematografica. Il realismo poetico francese nel suo massimo splendore, in un’opera straordinariamente innovativa per la sua epoca, visto che in soldoni altro non è se non la storia di una donna che cerca di emanciparsi dalla semplice condizione di “moglie che deve stare al suo posto”. Vigo affronta infatti i temi del viaggio, dell’amore e della solitudine: nella storia, due giovani sposi vivono su un barcone, qui i loro caratteri (ma soprattutto i loro desideri) finiscono inevitabilmente per scontrarsi. Juliette, la ragazza, si allontana, affascinata dalle promesse luminose di Parigi mentre Jean, l’uomo, non sa dove cercarla, arrivando addirittura a buttarsi nel fiume, dove ha una visione di lei in abito da sposa (forse il “sogno ad occhi aperti” più celebre del cinema, che sicuramente sarà capitato anche a voi di vedere, con in sottofondo Because The Night di Patti Smith, mentre guardavate la sigla di Fuori Orario di Enrico Ghezzi). Un film che ha influenzato i cineasti della Nouvelle Vague francese, ma anche autori di ogni parte del mondo (da Bertolucci a Kusturica). Visto all’università una ventina d’anni fa in condizioni fisiche pietose (sorvoliamo sui dettagli), l’ho finalmente recuperato ora che sono un adulto responsabile (…), apprezzandolo nel suo eterno splendore.
Phantasm (1979): Una sera, mentre scrollavo la timeline di Twitter (a proposito, cliccate qui per seguire i miei tweet di cinema), mi imbatto in un tweet che diceva “credo il soundtrack più inquietante ever”, accompagnato da una clip tratta chiaramente da un film horror. Incuriosito e al tempo stesso affascinato da quel video di 60 secondi (e dalla sua splendida colonna sonora), scopro che si trattava di un cult movie del 1979 diretto da un certo Don Coscarelli, un film di cui non avevo incredibilmente mai sentito parlare. Neanche un quarto d’ora dopo sono davanti alla tv a guardarmelo. Visto oggi per la prima volta ho avuto l’impressione che fosse una boiata assurda, ma sono certo che, se lo avessi visto da bambino, lo avrei amato da impazzire. Due fratelli scoprono che il becchino del cimitero locale, un certo “Tall Man”, sta trasformando i cadaveri in nanetti malefici da utilizzare come schiavi in una sorta di dimensione parallela (sic). I protagonisti, soprattutto il ragazzino più giovane, sembrano accettare tutto ciò che succede senza fare una piega, come se una sfera metallica che dissangua chi viene colpito o dei nani con il volto di persone defunte fossero qualcosa di assolutamente normale. Al grido di “che ce frega che ce so i mostri, noi c’avemo i fucili”, la storia procede in maniera talvolta anche ridicola, però quant’era bello fare film con pochi soldi, una manciata di idee e creare, con le proprie forze, la magia del cinema? Coscarelli ha la mia stima totale e poi, oh, la colonna sonora è davvero strepitosa. Classico film da rivedere la sera di Halloween con un gruppo di amici, mangiando schifezze e prendendosi gioco delle sue mille ma tenere incongruenze. Praticamente Phantasm è un come un gattino randagio: bruttarello ma assolutamente adorabile.
Lola (1961): Rieccoci a parlare di Nanni Moretti. Ne Il Sol dell’Avvenire il protagonista, prima di cominciare le riprese di un nuovo film, si riunisce con la famiglia per rivedere questo film di Jacques Demy, come fosse un rito propiziatorio. Non so se Moretti faccia davvero una cosa del genere, ma sarebbe senza dubbio una buona ragione per cui i suoi film, spesso, sono così validi. Avevo già visto Lola nel 2014 (fonte Letterboxd), ma stranamente ricordavo a malapena di cosa parlasse, dico stranamente perché di solito i film bellissimi faccio fatica a dimenticarli. È la storia di una ballerina di cabaret, la splendida Anouk Aimée, che incontra un suo ex compagno di scuola. Lui è innamorato di lei, da sempre, ma la donna non ha mai dimenticato l’amante dal quale ha avuto un figlio anni prima, un uomo misteriosamente sparito in cerca di fortuna, che però Lola aspetta ogni giorno spasmodicamente (nonostante la donna continui a condurre comunque una vita piuttosto libertina). Primo film di una trilogia proseguita con il famosissimo Les Parapluies de Cherbourg e L’amante perduta, Lola è senza dubbio una delle opere più trascurate della Nouvelle Vague, oltre ad aver ispirato Wong Kar Wai nel secondo episodio del meraviglioso Hong Kong Express (e ora si spiegano molte cose). Da recuperare assolutamente, è su Mubi.
Le Lycéen (2022): Se Gus Van Sant e Xavier Dolan facessero un figlio, questi sarebbe un adolescente che, nonostante i tratti genetici inconfondibili, si ribellerebbe ai genitori. Ecco, il figlio in questione è questo film di Christophe Honoré, la storia di un ragazzo omosessuale che si ritrova perduto dopo che il padre è morto in un incidente stradale. Le premesse sembravano eccellenti: l’ambientazione alpina, Juliette Binoche, il miraggio della scoperta di Parigi, il rapporto con il fratello maggiore… Poi però la vicenda diventa intransigente, rigida, aggiungendo strati di sofferenza su un film che già si basava su fondamenta piuttosto dure, per poi affossare le proprie ragioni sotto un grattacielo di pesantezza dove non si può respirare un momento. Ottime le interpretazioni, ma Honoré dovrebbe imparare a prendersi leggermente meno sul serio (mesi fa avevo tentato di vedere un altro suo film, L’Hotel degli Amori Smarriti, uno dei rarissimi casi in cui non sono riuscito ad arrivare ai titoli di coda). Deludente (lo trovate su Mubi).
SERIE TV: Confermo tutto ciò che di buono ho scritto nel capitolo precedente a proposito di Ted Lasso, Mrs Maisel e Greek Salad (che ho finito e mi è piaciuta). Ora mi sono rimaste da finire soltanto le prime due serie e già so che mi mancheranno molto. Il sesto episodio dell’ultima stagione di Mrs. Maisel è particolarmente stupendo, purtroppo non posso parlarvene perché ogni singola frase sarebbe nient’altro che uno spoiler, sarebbe un peccato. Ted Lasso invece, come dicevo il mese scorso, si è allontanato sostanzialmente dal personaggio principale per dedicarsi a tutto ciò che c’è intorno, incentrando ogni episodio su una questione ben precisa, dal revenge porn nei confronti di uno dei protagonisti al coming out di un altro: la certezza è che, pur non trattandosi di una stagione memorabile, ogni episodio però ti manda a dormire con più leggerezza e fiducia nel genere umano (praticamente un miracolo).

Ho un rapporto di amore/odio con Nanni Moretti, ma è innegabile che ha segnato l’immaginario collettivo di noi italiani, tanto che spesso lo citiamo anche senza esserne consapevoli (“Continuiamo così, facciamoci del male!” Chi non lo ha mai detto?). L’Atalante (come dici tu oggi indissolubilmente legato alla canzone di Patti Smith grazie a Ghezzi) è da poco stato recuperato in versione completa dvd da Papà Verdurin quindi prevedo un recupero imminente (beh, non stasera che c’è la partita, s’intende…).
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Eheh ci mancherebbe 😬
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