Capitolo 375: Holy Movies

In questo aprile freddo e, a tratti, tempestoso, sono parecchie le notizie di cinema che ci hanno fatto sognare o ci hanno spiazzato. Ad esempio, Tarantino ha annunciato di aver abbandonato il progetto The Movie Critic, che sarebbe dovuto essere il suo decimo e ultimo film, mentre d’altra parte Ethan Hawke ha detto che se Linklater gli proponesse un nuovo capitolo della saga dei Before lui risponderebbe sì incondizionatamente. Passiamo però a parlare delle ultime cosette viste nelle scorse due settimane: ho escluso dal listone Challengers e Fantastic Machine, visto che forse avrete già letto la recensione completa dei film (in caso contrario potete cliccare sui titoli per leggerla).

Los Colonos (2023): Opera prima veramente notevole del cileno Felipe Galvez Haberle, scelta per rappresentato il Cile nella selezione del Miglior Film Internazionale degli scorsi Oscar. Siamo nel 1901, un soldato britannico, un mercenario yankee e un mapuche (la popolazione autoctona del Cile) intraprendono una spedizione nella Terra del Fuoco per appropriarsi di alcune terre per conto di un ricco proprietario terriero (leggasi usurpatore bianco). Ciò che accadrà, è la storia vera del terribile genocidio della popolazione Selk’nam, detti anche Ona. Bel film, crudo, immerso in paesaggi clamorosi, che racconta l’ennesimo esempio di nazione nata dal sangue e dalla violenza. Da vedere, lo trovate su Mubi.
•••½

Boy Meets Girl (1984): Altra opera prima, ben più in là con gli anni, in questo caso del sempre interessante Leos Carax. Come suggerisce il titolo, è la storia di un ragazzo che, dopo essere stato lasciato dalla sua donna, incontra un’altra ragazza tormentata a una festa. Come accade sempre nei film di Carax, alcune suggestioni narrative, visive o musicali sono veramente splendide (c’è anche qui Bowie con la per niente scontata When I Live My Dream), ma come ho letto da un commento su Letterboxd è come stare a una festa e restare due ore fermo a sentire un tizio parlarsi addosso su quanto è in gamba. Più interessante che bello.
•••

Aguirre Furore di Dio (1972): Herzog è uno dei più grandi esempi viventi di come la determinazione e l’amore per ciò che si fa possano abbattere ogni limite. Perché anche stavolta, come in Fitzcarraldo, dietro il film c’è una produzione travagliata, c’è il Cinema (con la C maiuscola), oltre i limiti fisici e psicologici di chi lo deve realizzare. Nel 1560 una spedizione spagnola si lancia alla ricerca del mitico El Dorado, da qualche parte nella foresta amazzonica, restando però bloccata nella giungla. Lo spietato Aguirre, un Klaus Kinski più pazzo del normale, uccide il capo della spedizione e prende il comando della missione. Assurdo pensare che film come questo e quelli con i personaggi in pigiama da supereroe davanti a un green screen appartengano alla stessa arte. Grande film per tutto quello che c’è dietro (ma pure davanti), a tratti ho un po’ arrancato, ma non importa: andava visto (lo trovate su Prime Video).
•••½

Holy Motors (2012): A proposito di Carax, questo è probabilmente il suo film più assurdo e ambizioso, incompreso da tanti, che per me è un’opera di magnifico valore. Spiazzante dalla prima all’ultima inquadratura, Carax, così come il suo protagonista (il solito Denis Lavant), insegue la bellezza: dell’immagine uno, del gesto l’altro, facendo leva ognuno sulla propria creatività. Un’odissea folle e audace, messa in scena della messa in scena della vita, continuamente interpretata da fantomatici attori che rincorrono gli appuntamenti di giornata all’inseguimento di se stessi, della bellezza, del puro e semplice bisogno di essere. Burattini che si muovono in un mondo sempre più virtuale, effimero, un mondo dal quale lentamente vedremo scomparire le esperienze vissute, le azioni, i gesti. Non ci avete capito niente eh? Probabilmente neanche io. Un’esperienza visiva, audace e folle, ma emozionante. Anche questo lo trovate su Prime Video.
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Monster (2023): Kore’eda non sbaglia mai un film. Il primo atto sembra quasi lineare e ti sembra strano che il regista giapponese abbia realizzato qualcosa di così “facile”, se mi passate il termine. Qui la protagonista è una giovane vedova, con vede il figlioletto comportarsi in modo piuttosto strano. La madre sospetta che ci siano di mezzo un pessimo insegnante e un altro ragazzino, che forse bullizza il figlio. E fin qui ok. Nel secondo atto la storia si ripete, ma dal punto di vista dell’insegnante e qualche altarino comincia a svelarsi. Poi arriva il terzo atto, con la stessa storia osservata però dal punto di vista dei bambini ed è qui che si vola. Un esempio straordinario del celebre Effetto Rashomon, stratagemma narrativo inventato da Kurosawa: chi se non uno dei più grandi registi giapponesi del suo tempo poteva rappresentarlo con cotanta maestria? Filmone.
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2001 Odissea nello Spazio (1968): Erano davvero tanti (troppi) anni che non riguardavo questa straordinaria opera di Stanley Kubrick. Cosa dire di un film su cui è stato già detto tutto? Non posso far altro che ribadire l’ovvio: il film che cambierà per sempre il modo di fare cinema, il modo di intendere la fantascienza, spedendo nell’orbita dell’immaginario collettivo mondiale un osso che volteggia nel cielo, un monolite nero, le note di Strauss, HAL 9000 e le danze delle astronavi. Una pietra miliare, una sorta di anno zero che fa da spartiacque tra il cinema prima e dopo 2001. Un’opera filosofica nella quale ognuno può avvicinare il proprio punto di vista. Che ve lo dico a fare: è un capolavoro assoluto.
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Dogtooth (2009): Erano anni che volevo vedere questo film di Yorgos Lanthimos e ogni volta però esitavo, prendevo tempo, non mi sentivo pronto. Finalmente è arrivato il suo momento e ne è valsa totalmente la pena: in una grande villa fuori città, un uomo, aiutato dalla moglie asservita, cresce tre figli adolescenti segregandoli in casa, dopo averli plagiati con storie di animali feroci e pericoli costanti fuori dal cancello dell’abitazione. Una prigione dorata, senza alcuna contaminazione esterna (o quasi), metafora dei regimi totalitari, dove anche le parole cambiano di significato, la realtà è costantemente mistificata e tutto va bene finché si seguono le regole. Ci sono talmente tante cose da dire che non basterebbe un saggio: c’è il discorso sulla scoperta del cinema (e sull’arte in generale) che crea nuove consapevolezze, oltre al clamoroso finale, ma ovviamente non è questa la sede per parlarne. Da vedere assolutamente.
••••½

Tre Colori – Film Blu (1993): Una delle opere più celebri di Krzysztof Kieślowski, nonché primo capitolo di una delle trilogie europee più amate dai cinefili. Juliette Binoche, magnifica, perde marito e figlia in un incidente d’auto nel quale lei rimane quasi illesa. Da quel giorno cercherà dunque di rendere la sua vita pura sottrazione, di emozioni, di ricordi, di tutto, in una sorta di suicidio sociale: il problema è che, nonostante il tentativo di annegare nel nulla, il fatto stesso di esistere le impedisce di non farsi coinvolgere da ciò che le succede intorno, che sia l’amicizia della nuova vicina spogliarellista, le avances discrete di un compositore, la scoperta di un’altra donna nella vita del marito. Film di rara delicatezza, con il solito strepitoso magnetismo visivo del regista polacco, qui in una totale immersione nel colore blu (la trilogia riprende i colori della bandiera francese e, in particolar modo, le parole del suo motto: Liberté, Égalité, Fraternité). Splendido.
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Comments

2 risposte a “Capitolo 375: Holy Movies”

  1. Avatar Guglielmo Latini

    Ragazzi, che infornata di filmoni! Curioso di vedere Dogtooth (anche a me Lanthimos spaventa un po’) e Los colonos. 2001 per me diciamo che rimane nei film più da ricordare con ammirazione che da rivedere con gusto. Suggerisco visione a breve distanza di Film bianco e Film rosso (sono meno pesanti!), perché secondo me l’insieme dei tre rende più belli anche i singoli pezzi della trilogia. E poi in Film bianco c’è Julie Delpy…

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    1. Avatar AlessioT

      Eheh lo ben so (di Julie Delpy): entro questa settimana spero di vederli entrambi.
      Dogtooth invece è meno “spaventoso” di quanto pensassi, è veramente geniale

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