Capitolo 388: Ottobre Connection

Diamo il benvenuto al mese di ottobre, notoriamente uno dei momenti più belli dell’anno, in cui si può tornare a mangiare una carbonara senza sudare, tra l’attesa per una nuova edizione della Festa del Cinema di Roma, le ottobrate romane e il compleanno del sottoscritto che, a 16 anni dall’apertura di Una Vita da Cinefilo, è ancora qui a raccontarvi cosa ha visto e cosa varrebbe la pena di vedere. Settembre si è chiuso con la bellezza di 22 film visti che, se considerate che in mezzo c’è stato un viaggio a Parigi e cinque serate occupate da Decalogo di Kieslowski (che conta come un solo film), non è poco. Bando alle ciance e alle statistiche da nerd: in questo capitolo altri 6 film, di cui 4 visioni inedite e 2 rewatch (il primo e l’ultimo che trovate in elenco). Ho escluso dalla lista il disastroso sequel di Joker, di cui potete leggere la recensione approfondita nel post precedente.

Hit Man (2023): Chi mi segue da un po’ è a conoscenza del mio folle amore per Richard Linklater. Dove c’è lui, c’è casa e sebbene lo preferisca quando racconta l’amore (la trilogia dei Before) o l’adolescenza (Dazed and ConfusedBoyhood o Tutti vogliono qualcosa), questa commedia è talmente divertente che sarebbe un peccato sottovalutarla. Tratto da una “storia quasi vera”, come ci viene comunicato in apertura, il film vede Glen Powell, professore universitario di filosofia e consulente informatico part-time per la polizia, a dover fare la parte del finto sicario, mandato dal dipartimento, per far arrestare chi offre soldi per uccidere coniugi, vicini, colleghi, ecc. Da professore impacciato e insicuro, il nostro scopre di avere talento nell’impersonale sicari sicuri di sé e la cosa sfugge di mano quando incontra una bellissima donna che vuole sbarazzarsi del marito violento. Film decisamente brillante e divertente, con un interessante discorso sull’identità, su chi siamo davvero e su cosa mostriamo nella vita di tutti i giorni. Doveva uscire su Netflix in estate, ma qualcosa evidentemente è andata storta: aspettiamo novità.
•••½

Murder Party (2007): L’opera prima di Jeremy Saulnier è il tipico horror indipendente girato con quattro soldi, una manciata di buone idee e qualche amico a cui chiedere di recitare (più o meno). Il giorno di Halloween un uomo pavido e solo trova per terra un invito a una festa a tema e, pur di non restare solo ancora una volta, decide di recarsi a scatola chiusa alla serata. Appena arriva sul posto, viene legato e aggredito da un collettivo artistico che avrebbe ucciso chiunque si fosse presentato alla “festa”. Visivamente accattivante, citazionista a non finire (a partire dai costumi dei protagonisti), il film di Saulnier ci mette un po’ a ingranare la marcia, ma quando lo fa sa essere davvero irresistibile. Apprezzabile la presa in giro della superficialità del mondo dell’arte, di chi vorrebbe ritenersi artista senza avere però nulla da dire. Saulnier invece qualcosa da dire ce l’ha e sa divertire (e divertirsi) con un film di genere che sarebbe potuto diventare un piccolo cult, se solo fosse arrivato anche da noi.
•••

Green Room (2015): Dopo Murder Party, Jeremy Saulnier si stava arrendendo all’idea che non avrebbe mai avuto una carriera nel cinema. Grazie anche al sostegno del suo amico attore Macon Blair, che ha lavorato in ogni suo film, ha deciso di non mollare e di girare il bellissimo Blue Ruin. Passano altri due anni e Saulnier passa a questo nuovo progetto, incentrato su una band punk che, dopo essere stata testimone di un omicidio, si rinchiude nella saletta del bar di nazisti nel quale aveva appena suonato. Nonostante buona parte della storia sia concentrata in un unico ambiente, il film regge dall’inizio alla fine, magari non sempre in maniera del tutto credibile, ma è coinvolgente, arrabbiato al punto giusto, a tratti anche violento, ma senza essere ripugnante. Uno degli ultimi film di Anton Yelchin, vede nel cast anche Patrick Stewart e la mia amata Imogen Poots (tra le protagoniste di quella meravigliosa serie purtroppo interrotta dopo una sola stagione: Roadies). Bel film, lo trovate su Prime Video.
•••½

Cruising (1980): Qualche anno fa, guardando un bellissimo documentario su William Friedkin (Friedkin Uncut, bellissimo), sono rimasto molto affascinato dal modo in cui il regista parlava di questo film, oltre che del suo cinema in generale: “Mai mirare alla perfezione, ma alla spontaneità”. Forse è proprio il realismo e la spontaneità delle sue scene ad aver reso così valido il suo cinema. In questo film del 1980 Al Pacino è un agente di polizia sotto copertura, infiltrato nel sottobosco dei locali gay sadomaso di New York per indagare su un killer seriale che seduce e uccide le sue vittime. Tanto bello nella crudezza e il realismo di alcune scene, tanto confusionario nello sviluppo dell’intreccio, soprattutto nel quarto d’ora finale, dove forse getta alle ortiche un film che poteva essere davvero memorabile. Vale la pena vederlo soprattutto per il modo in cui è girato, la fotografia notturna, oltre a un Al Pacino inedito ma sempre fenomenale.
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Non Voglio Perderti (1950): Il Cinema Quattro Fontane, a Roma, domenica scorsa ha dato il via a una rassegna di film noir che andrà avanti per tutto l’autunno e buona parte dell’inverno. La rassegna è stata inaugurata da questo splendido film di Mitchell Leisen, in cui una donna incinta (Barbara Stanwyck), in fuga dall’uomo che l’ha abbandonata, in seguito a un incidente ferroviario viene scambiata da una ricca famiglia per la moglie del primogenito (che non avevano mai conosciuto), anch’ella incinta e rimasta uccisa, insieme al coniuge, proprio a causa dell’incidente. Pur di garantire al bambino un futuro più sicuro, la donna si presta alla messa in scena, ma la tensione crescerà di giorno in giorno. Splendido nell’idea, nello sviluppo dell’intreccio e nella risoluzione finale, il film di Mitchell Leisen, celebre soprattutto come regista di commedie, è un piccolo miracolo, che trasforma un’ora di eccellente melodramma in una splendida mezzora noir. Da recuperare.
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Il Braccio Violento della Legge (1971): Torniamo dunque da Friedkin (da non confondere con il presidente della Roma) e dal suo film più iconico dopo L’Esorcista, senza dubbio il più premiato (5 Oscar). I duri detective della narcotici Gene Hackman e Roy Scheider sono sulle tracce di un gentiluomo francese, dietro il quale potrebbe celarsi un’enorme operazione di contrabbando di eroina. Come si diceva anche per Cruising, Friedkin non cerca la perfezione, ma la spontaneità: prima del 1971 le strade di New York non sono mai state cinematograficamente più sporche, puzzolenti, losche. Il regista tiene la macchina da presa così a ridosso di muri, asfalto e marciapiedi, da far sentire lo spettatore testimone oculare di ciò che accade e, proprio per questo, è pressoché impossibile staccare gli occhi dalle straordinarie sequenze di pedinamento (culminata nella metropolitana) e di inseguimento (quando, in parallelo, vediamo Hackman inseguire un treno con una macchina lanciata a tutta velocità e il cecchino cercare un modo di svignarsela attraverso i tanti vagoni). Un film che, oltre ad essere un’opera bellissima, è anche una straordinaria lezione di regia e montaggio.
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2 risposte a “Capitolo 388: Ottobre Connection”

  1. Avatar Madame Verdurin

    Hit man è in programma nel cinema della scuola che frequentano i bambini (sì, la scuola ha un cinema/teatro) e non me lo voglio perdere, ho visto il trailer e sembra divertentissimo! Se poi tu me lo confermi allora vado sul sicuro.

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    1. Avatar AlessioT

      Bellissimo film, molto divertente, non perderlo! 🙂

      Piace a 1 persona

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