Capitolo 349: The Last Eight


Rieccoci qui. Ho visto le vacanze di Pasqua andar via un po’ come Rick Blaine vedeva andar via Ilsa e Victor Laszlo nel finale di Casablanca e devo dire che in questa prima metà d’aprile, tra visioni casalinghe e proiezioni stampa, mi sono abituato abbastanza bene. Avendo visto una quantità di film imbarazzante, ho deciso di togliere da questa lista I Tre Moschettieri e Air, che ho recensito a parte e di cui trovate i miei pensieri cliccando sul rispettivo titolo. Stavolta ho bellamente saltato anche la rubrica sulle Serie Tv perché sto seguendo soltanto Ted Lasso, per cui vale lo stesso commento fatto nel capitolo precedente (in attesa dell’ultima stagione di Mrs Maisel, in arrivo tra pochi giorni). Ecco dunque otto film per la mia/vostra/nostra educazione cinematografica.

QT8 – The First Eight (2019): I primi 8 film di Tarantino (quindi tutti quelli che ha girato, escluso l’episodio di “Four Rooms” e l’ultimo “C’era una volta a Hollywood”) raccontati da addetti ai lavori, attori, attrici e personaggi legati al regista di Knoxville. Il documentario di Tara Wood non è proprio imperdibile, ma alcuni aneddoti raccontati dai vari Michael Madsen, Tim Roth o Jamie Foxx sono davvero irresistibili. Interessante, soprattutto per i fan. Lo trovate su Prime Video.

BAC Nord (2021): Ultimamente sento parlare molto del regista Cedric Jimenez (soprattutto perché il suo nuovo e a quanto pare imperdibile film, Novembre, è in uscita nei prossimi giorni). In attesa della sua ultima fatica, mi è stato caldamente suggerito di recuperare il suo film precedente, che è stata anche l’occasione di dare un senso al mio abbonamento a Netflix, visto che ormai lo utilizzo sempre più raramente. Il film è ispirato alla vicenda accaduta nel 2012 nella squadra anticrimine (la BAC del titolo) di Marsiglia, dove un gruppo di agenti, dopo aver smantellato un enorme giro di droga in un quartiere popolare a nord della città, una zona pericolosissima, dove l’unica legge è quella imposta dai criminali, si ritrova sotto inchiesta. Certo, il tempismo non è perfetto, visto che soltanto due anni prima era uscito un film dai temi molto simili, il magnifico I Miserabili di Ladj Ly, tuttavia la storia è girata talmente bene e i personaggi sono così credibili che è impossibile non restare incollati allo schermo. La regia è cruda, la macchina da presa è attaccata ai personaggi e le scene nella banlieue sono talmente realistiche che ho passato il resto della sera a insultare il frigorifero in francese (ma su questo eviterei di soffermarmi). La svolta narrativa nella seconda parte dà al film il tocco in più per essere ricordato.

Ricordi? (2018): Che sorpresa questo film di Valerio Mieli! Di recente avevo visto Dieci Inverni e avevo trovato interessante il modo in cui il film riusciva a dipanare nel tempo il rapporto tra due persone, raccontando soltanto un periodo dell’anno. Qui andiamo veramente oltre, con un lavoro di montaggio sopraffino, un flusso di coscienza emozionante, in cui osserviamo i ricordi di un’intensa storia d’amore attraverso il punto di vista di lui (Luca Marinelli) e di lei (Linda Caridi), in maniera però non lineare, ma frammentata, a tratti confusa, indefinita ma al tempo stesso nitida, come sono gli stessi ricordi che conserviamo. Ho amato la scena in cui Marinelli odora l’essenza di diversi profumi, ognuno dei quali lo riporta a persone o momenti diversi della sua vita. Con le dovute proporzioni, potremmo quasi parlare di un Eternal Sunshine all’italiana. Film passato in sala un po’ sottotraccia, ma per me è stata una grandissima sorpresa. Lo trovate su Mubi.

Gente Comune (1980): Primo film dietro la macchina da presa per Robert Redford, aspettavo l’occasione di vederlo da quando è stato scelto come film della vita da uno dei primi partecipanti al progetto Film People. La storia racconta il senso di colpa (per la morte del fratello maggiore) di un adolescente di famiglia borghese e il suo lento e complicato rapporto con la vita, gli amici e i genitori. Film straordinario: sia per il modo in cui racconta le tensioni, le fratture, il progressivo avvicinarsi al climax, sia per le interpretazioni clamorose di tutto il cast, da Timothy Hutton a Donald Sutherland. Il film è ambientato in Illinois, stato dove (almeno ai tempi) predominava una visione puritana e la critica di Redford alla borghesia e al modo in cui si preoccupava dell’occhio sociale più della condizione umana dei suoi componenti è lucida e spietata. 4 Oscar e soprattutto la statuetta per Timothy Hutton (proprio in un film di Redford, Oscar anche per lui, che da attore fu però candidato soltanto una volta per La Stangata). Grandissimo film.

Il Delitto Perfetto (1954): Una sera, mentre facevo zapping, mi sono imbattuto in Delitto Perfetto, remake del 1998 del film di Hitchcock. Dopo qualche minuto e l’inevitabile bocciatura (“ma che è ‘sta monnezza?”, testuale), ho avuto un enorme desiderio di rivedere, dopo tanti anni, il film del 1954 di Sir Alfred. La storia la conosciamo: un uomo scopre che la ricca moglie lo tradisce con uno scrittore e monta quello che ritiene essere un “delitto perfetto” per sbarazzarsene ed ereditare la sua fortuna. Tratto da un’opera teatrale, evidente anche nella messa in scena cinematografica (il film è praticamente girato tutto in una stanza), è un grandioso esempio di film minore di un regista formidabile, cosa che lo rende comunque un’opera al di sopra della media. Il senso della suspense, il coinvolgimento dello spettatore nel vedere in atto gli stratagemmi del marito, ma anche il desiderio di giustizia che emerge nel finale, quando finalmente i nodi vengono al pettine. E poi quello strepitoso pettine per baffi che chiude la vicenda, praticamente un antenato del mic drop.

Ninjababy (2021): Il cinema norvegese dell’ultimo decennio, spinto anche dal talento di Joachim Trier (che ha sdoganato un certo tipo di cinema indie anche in terra scandinava), ha cominciato ad attirare parecchi consensi e a mostrarci film di ottima fattura. Non fa eccezioni quest’opera seconda della regista Yngvild Sve Flikke, basata sulla graphic novel Fallteknikk di Inga H. Saetre. Una ragazza, il classico “disastro” come poteva essere la Greta Gerwig di Frances Ha, Elliot Page in Juno o, per restare in Norvegia, Renate Reinsve de La persona peggiore del mondo, scopre di essere incinta troppo tardi per poter interrompere la gravidanza. Lei non vuole assolutamente avere un bambino, soprattutto dopo aver scoperto chi è il padre (un ragazzo soprannominato “Minchia santa”), e quindi cerca di capire come fare per poterlo affidare ad un’altra famiglia, anche perché per fortuna in Norvegia non hanno Ezio Greggio o altra gente che non sa farsi i cazzi suoi. Tra leggerezza, irresistibile ironia e qualche inevitabile spunto di riflessione, il film scorre che è una bellezza, anche grazie ai numerosi inserti animati in cui il feto (visto come un ninja, per il modo in cui è riuscito a restare nascosto durante i primi mesi di gestazione) interagisce con la protagonista, commentando con lei le varie vicissitudini che affrontano. Un gioiellino e.. indovinate un po’? Lo potete vedere su Mubi.

Piuma (2016): Senza farlo assolutamente di proposito, il giorno dopo Ninjababy mi ritrovo a vedere, sempre su Mubi, un altro film che parla di una gravidanza imprevista. L’universo sta cercando di dirmi qualcosa? Non voglio saperlo, piuttosto so invece che Roan Johnson è un regista di cui mi piacerebbe vedere più film (li ho visti tutti, mi manca solo il quarto, State a casa, del 2021). Si tratta della storia di due liceali, Ferro e Cate, alle prese con un figlio in arrivo e con tutte le difficoltà famigliari, economiche e sociali che derivano da una notizia tanto prematura quanto inaspettata: la gravidanza infatti scatena un inevitabile terremoto nelle famiglie dei due ragazzi ma anche nel loro rapporto con la vita, con il futuro, con gli amici. Cast bravissimo, con l’insofferente e disperato padre Sergio Pierattini migliore in campo (ma è anche quello che ha le migliori battute). L’incertezza del futuro è un tema caro al regista, come si può evincere anche dal suo splendido esordio Fino a qui tutto bene o nel successivo I primi della lista, ed è un tema caro anche a noi, che da quell’età piena di incertezze non solo ci siamo passati, ma che in quei dubbi esistenziali abbiamo sguazzato, anche senza aver messo incinta nessuna ragazza (credo). Bello!

La vita è un raccolto (2000): Fino a pochi giorni fa non sapevo neanche cosa fosse la spigolatura. Ora, grazie ad Agnes Varda, ho scoperto che si tratta dell’antica usanza contadina di andare a cercare e recuperare le spighe di frumento rimaste nei campi dopo la mietitura. Il documentario della regista francese è incentrato sulla spigolatura moderna, non solo dal punto di vista agricolo, ma anche urbano: nelle interviste che compongono il film troviamo dunque persone che cercano e raccolgono gli avanzi rimasti sull’asfalto dopo il mercato oppure gli spigolatori di cianfrusaglie, sia robivecchi che artisti che fanno del materiale di recupero l’oggetto della loro arte. Non mancano ovviamente coloro che si rifanno alla vera spigolatura, raccogliendo ortaggi e frumento avanzati (o scartati) dalla raccolta nei campi, oggi operata da macchinari agricoli. Tenera e al tempo stesso audace riflessione sul riciclo, oltre che sulla sopravvivenza, La Vita è un Raccolto è stato votato come ottavo miglior documentario di tutti i tempi da un sondaggio apparso sulla rivista britannica Sight & Sound. Anche questo lo trovate su Mubi.

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5 commenti Aggiungi il tuo

  1. Guglielmo Latini ha detto:

    Per la rubrica “serio”: “Gente comune” lo conosco di fama da un’eternità ma avevo l’erronea percezione che fosse un melodrammone di famiglia stile Muccino, quindi ora sapendo che non lo è sono curioso di vederlo. Per la rubrica “faceto”: se convinci davvero qualcuno a vedersi un documentario “incentrato sulla spigolatura moderna, non solo dal punto di vista agricolo, ma anche urbano, te pago una birra 😀 (va a finire che poi sarò io quel qualcuno…)

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    1. AlessioT ha detto:

      Ahah beh parliamo comunque di un documentario pluripremiato di Agnes Varda, non di Pio e Amedeo 😀
      “Gente Comune” è un melodrammone, ma niente a che vedere con la roba di casa nostra per sua fortuna

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  2. Madame Verdurin ha detto:

    Proprio non capisco perchè la gente si ostini a voler rifare i capolavori di Hitchcock: molto semplicemente, non è possibile. Fallimento assicurato, come nel caso di Delitto Perfetto.

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    1. AlessioT ha detto:

      Concordo. Anche se ti dirò: se il remake di “Vertigo”, che a quanto pare è in cantiere, dovesse permettere a qualche giovane di incuriosirsi e di andare a scoprire Hitchcock, scoprendo di conseguenza un nuovo mondo, tanto male non farà 🙂

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  3. Celia ha detto:

    Un plauso extra per l’accenno a Greggio (ed anche un po’ grezzo).

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